Categoria: Rivista Online - Edizione - Aprile 2015

 

Domenica 05 Aprile 2015 21:31

DOMANDE PER L'AMBASCIATORE ARMENO SARGIS GHAZARYAN
formulate dal Dott..Prof. Giuseppe Paccione (foto a lato)

1) Un secolo fa ci fu il genocidio del popolo armeno, ci può tracciare l'origine di tale atrocità?
L’origine del genocidio è sicuramente da ricercarsi in quel piano geo-politico che - in qualche modo - si delineava già verso la fine dell’800 nell’Impero ottomano. In altri termini, dopo aver perso le province dei Balcani, con la sommossa anche delle popolazioni arabe e, quindi, con il graduale e continuo restringimento dello spazio dell’Impero ottomano, emerge l’ideologia panturchista che vedeva nel mondo turcofono a est, fino alle province nord occidentali tra la Cina e l’Anatolia, passando per l’Asia centrale e il Caucaso, il nuovo spazio vitale.
In quel contesto, in quella proiezione, l’unico ostacolo, l’unica isola non turcofona e non musulmana era l’Armenia storica. Il piano è piuttosto chiaro: bisogna eliminare quell’ostacolo e si cerca un pretesto. Non si può dimenticare però che, nella capitale dell’Impero a Istanbul, c’è non solo un’intellighenzia armena che si è formata nell’università europee e che, una volta tornata a Istanbul vuole una riforma profonda in termini moderni dell’Impero, ma anche una classe armena economica e commerciale vivace e intraprendente. L’entrata della Turchia nel primo conflitto mondiale è il pretesto che si cercava. Non a caso, dietro ai conflitti mondiali si è celata la maggior parte dei genocidi del Novecento.
Comincia la demonizzazione dell’armeno: secondo il movimento dei Giovani Turchi, gli armeni sono all’origine dei mali dell’Impero ottomano e, di conseguenza, sono sudditi non affidabili. È il momento in cui viene pianificata l’azione di genocidio, cioè viene messa in piedi una struttura ad hoc, denominata “organizzazione speciale” e, quindi, una rete di governatori, di esponenti del governo che appartengono al partito dei Giovani Turchi.       

2) Nel mondo attuale, il fenomeno del genocidio non è stato ancora cancellato. L'esempio armeno potrebbe essere utile a far comprendere della pericolosità di questo fenomeno?
Sicuramente, sì! Negli studi dei genocidi, il caso armeno viene considerato come il “proto genocidio”. La data di inizio del genocidio è il 24 aprile del 1915, con l’arresto, la deportazione e l’eliminazione dell’intellighenzia armena. Contemporaneamente, con la chiamata alle armi, per la prima volta nell’impero ottomano, degli uomini armeni dai 18 ai 45 anni, si lascia campo libero al massacro di bambini, donne e anziani armeni.
Si può dire che il genocidio armeno è certamente quell’anello che, nel 20° secolo, segna il passaggio dalla belle epoque al darwinismo sociale degli anni trenta e quaranta in Europa.
Già nel giugno del 1915, sono gli Stati dell’Intesa (Francia, Russia e Gran Bretagna) a usare l’espressione “crimine di lesa umanità”, a condanna dell’azione del Governo ottomano contro gli armeni.
Il termine “genocidio” non esiste ancora. Verrà coniato solo nel 1944 dal giurista polacco, di origine ebraica, Raphael Lemkin. Lemkin identifica la fattispecie di reato, riferendosi proprio ai fatti noti nella pianificazione e implementazione del genocidio nei riguardi degli armeni. Genocidio diventerà anche il termine giuridico che è alla base della “Convenzione delle Nazioni Unite per la Prevenzione e la Repressione del Crimine del Genocidio”, del 1948.
Perché è attuale il genocidio armeno a cent’anni dai fatti? Perché ancora oggi vi è un negazionismo di Stato da parte degli eredi di quello che fu l’Impero ottomano e cioè l’attuale governo turco. Nel caso del genocidio armeno, rispetto agli altri genocidi del Novecento, non si tratta di negazionismo di estremisti di destra. Il negazionismo è estremamente pericoloso perché è l’ultimo atto di un genocidio, ovvero quell’atto che incrementa il reato, lo porta a conclusione con successo, insomma ne fa un crimine perfetto. Un crimine, quando è prima negato e poi dimenticato è, di conseguenza, replicabile. Voglio ricordare le parole di Adolf Hitler, pronunciate il 22 agosto del 1939, prima dell’invasione della Polonia, quando, radunato il suo Stato Maggiore, incita i soldati a essere irremovibili nell’azione anche nei riguardi dei civili, di essere feroci, di essere determinati. “Chi dopo tutto” chiede ironicamente “si ricorda ancora dell’annientamento degli armeni?” A questa domanda dovrebbe rispondere la società civile, come pure i governi. In altre parole, da una prospettiva contemporanea, la memoria per noi vuole essere più prescrittiva che descrittiva cioè l’uso consapevole della memoria è lo strumento più potente per la prevenzione dei genocidi e dei crimini contro l’umanità.    

3) L'ISIS che avanza, come sta affrontando il problema del terrorismo l'Armenia?
 
Prima di tutto mi preme dire che l’Armenia, da consumatore di sicurezza, negli ultimi 15 anni si è trasformato in un fornitore di sicurezza sulla base, appunto, del concetto di complementarietà e multilateralità di politica estera di sicurezza. In altre parole, l’Armenia ha contribuito e contribuisce ancora alla missione di pace nel Kosovo, era presente nella pacificazione dell’Iraq e dell’Afghanistan. Siamo presenti con il contingente ONU sotto comando italiano (UNIFIL) nel Libano del sud, con la determinazione, appunto, di aumentare anche la nostra presenza in termini numerici in quella missione. In sostanza, ci assumiamo una responsabilità di fronte a una sfida e a una minaccia che certamente non è regionale, ma riguarda l’intera comunità internazionale: ossia l’avvento di questa grottesca organizzazione che fa dell’assassinio una spettacolarizzazione. Naturalmente, voglio ricordare che le nostre comunità armene sono esposte a minacce nelle aree dove opera l’Isis, mi riferisco ai territori iracheni e siriani. Voglio inoltre rammentare che vi sono ancora 80 mila armeni dislocati ancora ad Aleppo (Siria), dove è sempre aperta la nostra Sede Consolare, dove i miei colleghi, eroicamente, continuano ancora a essere presenti per essere gli occhi e le orecchie della comunità internazionale, soprattutto per quel che riguarda le questioni umanitarie.


4) Come sono i rapporti tra l'Armenia e l'Italia?
La ringrazio molto per questa domanda perché viene posta propria alla vigilia della visita ufficiale del Presidente della Repubblica d’Armenia Serzh Sargsyan in Italia in aprile. Sono rapporti che hanno duemila anni di storia. Iniziano nel 66 dopo Cristo, quando il Re armeno Tiridate I si recò a Roma per ricevere la corona da Nerone. Sono secoli di continue relazioni di solidarietà ricevuta ma, allo stesso tempo, di generoso contributo degli armeni alla costruzione dell’Italia così come la conosciamo oggi. In altre parole, sono rapporti antichi. I rapporti diplomatici fra il nostro Paese e il vostro s’instaurano poche settimane dopo la dichiarazione d’indipendenza nel 1991, quando l’URSS si stava sgretolando. Quest’anno, infatti, celebreremo i 24 anni dei rapporti diplomatici con l’Italia. Sul piano commerciale, negli ultimi 4 anni, l’interscambio, che è stato caratterizzato dalla recessione a livello mondiale, è aumentato del 92%. In Armenia operano più di una sessantina di imprese con capitale italiano. La cooperazione culturale è un capitolo a parte, abbiamo delle storie di successo straordinarie da raccontare che avrebbero bisogno di un’altra è più lunga intervista

Intervista registrata e trascritta il 31 marzo 2015 per il mensile de “Il Brigante” da Giuseppe Paccione e liberata per la rivista lagazzettaonline






L'AMBASCIATORE ARMENO SARGIS GHAZARYAN