Categoria: Rivista Online - Edizione - Gennaio 2016

Noi cattolici cresciuti nell’ambito della cultura occidentale, figli del “Piano Marshall”, siamo chiamati ad affrontare una serie di comportamenti portati avanti da alcune componenti del mondo islamico, che rischiano di essere liquidati come "fondamentalismo islamico", come sinonimo di fanatismo e, quindi, come terreno di cultura del terrorismo. Il concetto di fondamentalismo in occidente è stato usato a proposito da alcune correnti religiose che, soprattutto in America, propugnavano una interpretazione letterale della Bibbia (per esempio a proposito della creazione) con conseguente rigetto dell'evoluzionismo. Il termine fondamentalismo è stato oggi esteso al modello di vita di alcune componenti islamiche.

Questa interpretazione rischia di essere riduttiva se cerchiamo di analizzare e capire un fenomeno antropologico dei tempi moderni riducendolo alla categoria del fondamentalismo, poiché movimenti che si sono posti l’obiettivo di promuovere un ritorno alle origini nei secoli passati li ritroviamo nell’ambito delle varie religioni. Ogni credo religioso prende le mosse da un gruppo ristretto di persone che, come gli Apostoli, condividono la fede in un’idea trascendente. Se riesce a toccare i cuori, il credo si diffonde e diventa un fenomeno di massa, viene fatto proprio da popoli interi e ne forgia le civiltà; mentre attira nuovi fedeli, rischia di farsi contaminare dalla mondanità del tempo e perde di intensità. Mentre le prime persone che hanno aderito alla fede erano spinte da una scelta personale, per le generazioni successive diventa una condizione che si acquisisce con la nascita. Periodicamente sorgono quindi nell’ambito del credo religioso movimenti che rinnovano il messaggio iniziale e dichiarano di voler “tornare al principio". Per noi cattolici l’esempio è San Francesco, il quale di fronte ad una chiesa troppo mondanizzata, troppo vicina agli interessi del contesto secolare, troppo lontana dagli ideali dei tempi evangelici, propugnò la povertà e l’umiltà. La comparsa di questi movimenti crea scompiglio perché modifica consuetudini consolidate, così anche se alcuni rimangono nella ortodossia, altri ne fuoriescono.
 
Già nel secolo passato movimenti che intendevano tornare “alle origini” erano presenti e attivi anche nel mondo islamico: il movimento più importante che propugnava tale ritorno al passato può essere individuato nel “movimento salafista”, che ha avuto alterne fortune nel secolo passato in conseguenzadelle due guerre mondiali e dei protettorati occidentali diretti o indiretti. Per inquadrare nella giusta dimensione il fenomeno non possiamo utilizzare la metodologia figlia della teologia cristiana occidentale. Il movimento salafista si rifà ai primi seguaci dell’islam, il termina salafita ha un significato corrispondente a quello che ha nel mondo cristiano il termine "evangelico", propugna quindi un ritorno alle origini, alla purezza dell'insegnamento dell'islam, un islam non contaminato dalle tradizioni dei vari popoli, dai compromessi con le esigenze politiche ed economiche. Un islam purificato da tutte le influenze provenienti dal mondo occidentale cristiano e, peggio ancora, ateo. Questa lettura della realtà rischia di non essere compresa nella sua interezza se letta con categorie non appartenenti alla religione islamica. Nel mondo cattolico da Paolo VI in poi ci si è confrontati con i cosiddetti “lefreviani”, un movimento definito “tradizionalista” che nella sua accezione è molto distante dal movimento salafista. Quest’ultimo fa della lotta alle tradizioni un suo punto di forza, nemmeno può essere tacciato di essere nazionalista, di favorire la nascita di “chiese nazionali” come avviene nel mondo di religione ortodossa, perché intende combattere tutti i nazionalismi: le regole dell'Islam non debbono essere calate in questa o quella realtà nazionale, valgono per tutti e per sempre. Il credo islamico non fa distinzioni tra le nazioni, la causa dell'islam non è la causa di un popolo particolare ma dell'umanità intera. Nessuna differenza fra neri e bianchi, fra orientali o occidentali. L'unica differenza è fra "muslim" (credenti) e "kafir" (non credenti). Il pensiero salafita viene contestato da altre componenti dell'islam. Nell'ambito del salafismo un particolare rilievo e risonanza hanno i “Wahabiti”, che si oppongono a un islamismo popolare intriso di magia e tradizioni locali, condannano rigidamente l'iconografia, l’intercessione di personaggi ritenuti santi, in particolare il culto delle tombe e ogni innovazione di culto posteriore alla predicazione coranica. Questo programma rappresenta un ritorno integrale alle origini.  Altra componente molto importante dell’islam è quella “sciita”, che si distingue dalla wahabita. Nelle tradizioni sciite infatti assumono notevole importanza i pellegrinaggi alle tombe e addirittura esporre e portare in processione immagini dei dodici imam, il tutto con una forte venatura messianica, nell’attesa della ricomparsa del dodicesimo imam.
 
Per cercare di comprendere il modo diverso di professare la fede tra cristianesimo e islamismo dobbiamo capire che la religione islamica ha un carattere eminentemente normativo. Al contrario, il cristianesimo dove vi è un ampio contenuto teologico, che indica una serie di principi etici generali e da questi ultimi la comunità dei fedeli trae poi delle norme più o meno precise da seguire. Pertanto i movimenti innovativi, le sette, gli scismi, le eresie nel Cristianesimo hanno un carattere prevalentemente dottrinale e teologico, derivanti da diverse letture e interpretazioni delle sacre scritture. Non è un caso che le eresie cristologiche dessero una diversa interpretazione della figura del Cristo; i luterani una diversa idea della grazia e delle opere; ecc. L'islam invece, a somiglianza dell'antica fede ebraica, è essenzialmente una "legge" che il fedele deve seguire. Considerati gli ultimi avvenimenti, per evitare di “fare di tutta l’erba un fascio”, occorre approfondirei criteri che guidano il credente islamico. Nell'ambito islamico viene distinto il "din", cioè la fede in Dio e quindi la volontà di vivere secondo il suo insegnamento che può essere di tutti gli uomini anchenon mussulmani, compresi i popoli del libro, cioè cristiani ed ebrei, dalla "shari’ah" che significa in arabo “via" o meglio "cammino verso la fonte ". Con quest’ultima si intende l'insieme delle prescrizioni legali che sono considerate derivanti dalla “Rilevazione Divina”. Con Maometto si è enunciata la legge definitiva, che non potrà mai essere modificata, essa infatti è stata dettata direttamente da Dio, in lingua araba, e Maometto semplicemente la ha ripetuta a voce, "recitatata" – Corano appunto significa "recitazione”. Il mussulmano pio quindi vuole seguire la volontà di Dio come è stata formulata. Così se nel cristianesimo quindi il dotto o il rinnovatore è sostanzialmente un teologo, un filosofo (si pensi a S. Tommaso, Ario o Lutero), nell'Islam invece tale figura può più paragonarsi al giurista. È dunque vero che le prescrizioni coraniche sono precise, tuttavia, come per le leggi civili, occorrono esperti, giuristi, per armonizzarle e interpretarle cosi che gli iman, gli ayatollah sono dei conoscitori delle complesse leggi che regolano l'islam. Il movimento salafista interpreta e applica in modo rigido le prescrizioni religiose. Alla lorointerpretazione si oppongono quelle correnti che vengono considerate moderniste. Ad esempio, prendendo in esame una delle tradizioni che più ci impressiona in quanto occidentali, quella relativa al velo islamico, per i modernisti la prescrizione che si ritrova nel Corano viene interpretata come un richiamo generale alla modestia e al pudore femminile, senza che esso debba essere necessariamente indossato. Al contrario, per i salafiti invece la prescrizione coranica va presa alla lettera e quindi esso deve essere effettivamente e obbligatoriamente indossato dalle donne, senza eccezione.
 
Allo stesso modo, i salafiti presentano tutta una serie molto complessa di regole che il fedele deve seguire se vuole veramente seguire la volontà divina e considerarsi un vero islamico. In questa epoca parliamo di scontro di civiltà, ma in una società globalizzata e multirazziale occorre comprendere bene l’oggetto del contendere. La visione salafista è contraria a tutto ciò che non è contenuto nell'islam delle origini, è contraria a tutti gli influssi provenienti dall'occidente, civiltà non  islamica, espressione del cristianesimo ma ancora cosa più grave, anima percorsa dall'ateismo o comunque dal laicismo, che nega la validità della legge divina nel mondo, dove l’egoismo è eretto a sistema, l’immoralità e la prostituzione eretti a principi morali. Occorre purificare l’islam da ogni influsso occidentale, senza rinunciare alle scoperte scientifiche e al progresso tecnico degli occidentali ma rifiutandone le concezioni etico politiche. Le periferie delle grandi città occidentali debbono fare i conti la condizione che vivono i giovani mussulmani nati e cresciuti in occidente, una condizione di marginalità che li lascia sospesi tra due identità diverse e spesso contrapposte. Un musulmano che vive in occidente viene percepito “diverso” dagli occidentali perché mussulmano e dai suoi compatrioti perché cittadino occidentale. In Francia un emigrante nord-africano di terza generazione non verrà percepito come francese dai francesi ma nemmeno come arabo dagli arabi: la sua identità rimane sospesa, incerta, indefinita. A questo giovane il movimento salafista offre una identità che va oltre il tempo e lo spazio, è una condizione particolarmente adatta a chi non riesce più a identificarsi in nessuna patria e in nessuna tradizione. In questa fase lo scontro di civiltà non deve diventare scontro tra persone, soprattutto considerando che nulla accomuna il praticante mussulmano che vuole seguire alla lettera i precetti, che fa la scelta di essere particolarmente pio, con il mussulmano terrorista. Pur volendo “dimenticare” che storicamente il salafismo non è stato sempre "nemico" dell'Occidente, rimane il fatto che attualmente le organizzazioni terroristiche che hanno operano in occidente si richiamano alla ideologia salafista e comunque all'integralismo islamico.
 
Per comprendere tale rapporto, di difficile assimilazione per noi occidentali, bisogna partire da una analisi del mondo arabo e musulmano in generale. Prima degli anni ‘80 hanno prevalso in esso correnti che più o meno si ispirarono alla cultura occidentale, sia che si riferissero al modello liberista che a quello socialista, anch’esso tutto interno alla cultura occidentale. Alcuni stati erano allora filo occidentali, altri filo russi con tutte le possibili gradazioni ed equilibri. Ma questa opera di modernizzazione non ha dato i frutti sperati. A questo punto le correnti islamiche più integraliste, che si è cercato di indicare con il temine generico di salafismo, hanno ripreso consistenza e rilievo ed è nata quindi una lotta intestina al mondo arabo musulmano. Uno scontro cruento tra coloro che intendono portare avanti l'opera di modernizzazione in senso occidentale e coloro che invece ritengono che il rinnovamento possa avvenire solo con un ritorno integrale all'islam. In questo momento storico è più che mai importante che le diverse culture si incontrino e si confrontino con le loro particolari e ben definite identità, rendendosi disponibili al dialogo e al rispetto reciproco, unite dalla fede nel valore supremo della vita e della pace.