Categoria: Rivista Onlline - Edizione Ottobre 2016

 

Il Festival itinerante "Kaos" edizione 2016 sta per partire e presto si saprà dove si svolgerà quest'anno. In tre giornate avranno luogo incontri, interviste e ovviamente premiazione delle diverse categorie (narrativa, poesia e racconti). Decisa la rosa dei cinque romanzi finalisti: Zahara di Cetta Brancato (David and Matthaus editore),  Isola Emozione di Marilena Monti (Angelo Mazzotta editore), Una pietra dall'aria di Licia Cardillo Di Prima (Dario Flaccovio editore), La figlia imperfetta di Simona Tavella (Carlo Saladino editore) e La stanza dei ricordi di Lia Lo Bue (Algra editore).  Abbiamo intervistato la scrittrice e drammaturga Cetta Brancato, autrice di "Zahara" (pagg. 184, € 15,90).

Com'è stata concepito "Zahara"? quante fasi ne hanno caratterizzato la gestazione?

Una gestazione che scivola sulla memoria, porto caro alla cultura siciliana che io rivisito nella convinzione che la memoria spesso occulta il tradimento. Una Sicilia degli anni '60, l'unica che posso ricordare aanche attraverso il racconto di mia nonna a cui ho dedicato il libro e qualche stralcio di ricordo personale. Ho indagato il topos dell'anima più nascosto della mia anima, quello non contamitato dove il sogno e il tradimento albergano nella stessa sede.

Che Sicilia e siciliani vi ritroviamo dentro?

In Zahara c'è la Sicilia che tradisce i figli con la sua capacità di memoria. Personaggi che raccontano del femminile. Un romanzo sulla morte e sul sogno.

A quali immagini, miti, stereotipi ha più o meno coscientemente fatto ricorso?

Il mito del tradimento, della morte e del sogno, tutti temi cari alla cultura siciliana.

Lei è impegnata culturalmente su più fronti: c'è un settore che la rispecchia maggiormente?

La mia ossessione poetica mi spinge sempre a cercare nuove forme espressive. Credo di averle già tutte sperimentate. La drammaturgia, la narrativa, la scrittura cinematografica, la poesia.

Palermo, oggi, a che punto è dal punto di vista culturale e sociale?

Palermo è puttana e dama: bisogna stabilire dove si trova la nostra anima.

Giovanni Zambito

 

Cetta Brancato

Cetta Brancato, scrittrice e drammaturga, vive e lavora a Palermo. È autrice di numerose opere teatrali, rappresentate in molti teatri italiani, ha lavorato con Andrea Camilleri, Antonio Raffaele Addamo, Luciano Melchionna e altri registi, firmando la sceneggiatura di Con gli occhi di un altro, film tratto dalla sua opera dal titolo 19 luglio 1992 (editrice Kalòs di Palermo, prefazione di Andrea Camilleri), data della strage di Via D’Amelio. Nel 2010 il film ha ricevuto una menzione speciale all’I’ve Seen Films per l’originalità della lingua. Ha fondato la rivista trimestrale Suddovest e ha collaborato a diverse riviste e progetti culturali. È socia della Società Siciliana per la Storia Patria. Nel settembre del 2013 è andato in scena al Teatro Massimo di Palermo il suo lavoro L’amore all’inferno. Nel settembre del 2014, in collaborazione con i Cantieri culturali alla Zisa di Palermo, ha curato la mostra fotografica “Pasolini - Matera” sul Vangelo secondo Matteo.

 

Fonte: Goffredo Palmerini

 

Intervista a  Licia Cardillo Di Prima, finalista Kaos 2016: "La scrittura riempie la vita, ma non dà mai certezze

 

La cinquina dei libri finalisti all'edizione 2016 del premio Kaos è composta solo di donne: fra queste c'è Licia Cardillo Di Prima, scrittrice famosa per la sua classe di nobildonna, per i vini che produce e per la sua passione per la storia della Sicilia. Il romanzo "Una pietra dall'aria" (Dario Flaccovio editore, 168 pagg., €15) è ambientato tra i cortili della zona della Tardara. All'inizio della nostra intervista ci rivela...

"Sto apprendendo da lei la notizia che il mio romanzo “Una pietra dall’aria” è finalista al Premio Kaos, afferma. Mi gratifica molto il riconoscimento dei lettori e, in questo caso, della giuria. Non me l’aspettavo. La scrittura riempie la vita, ma non dà mai certezze. Semina solo dubbi."

Secondo lei, qual è del libro l'aspetto più avvincente e convincente?

“Una pietra dall’aria” è un viaggio nella luce e nelle tenebre, nel lato oscuro dell’indole dei siciliani, ma anche nella voglia di riscatto che c’è in ciascuno di noi. È anche la riflessione sull’eredità scomoda, sulla tragedia di chi si ritrova, per pesanti retaggi familiari, chiuso in un sistema che non gli appartiene e che fa la scelta di rompere il conformismo, di portare avanti la sua piccola grande battaglia per cambiare se stesso e gli altri. Mi auguro che sia questo l’aspetto più avvincente e convincente.

La struttura narrativa è stata pensata e concepita così sin dall'inizio?

Quando inizio a scrivere un romanzo, ho solo un’idea, non tutta la struttura. Un seme piantato in terra che, da un giorno all’altro, mette radici, poi foglie e fiori. L’idea si arricchisce gradualmente, anche perché m’invade totalmente, facendomi entrare in un’altra dimensione, in una sorta di ebbrezza creativa, che mi distrae da tutto e da tutti, anche da me stessa.

Quanto conta il luogo di ambientazione nella storia? come s'intreccia con la vita dei personaggi che la popolano?

I luoghi di ambientazione contano molto. In questo romanzo sono il punto focale della narrazione. Ineluttabili coprotagonisti della storia. Tardara è una gola sul Lago Arancio, aspra, selvaggia, con speroni rocciosi che si levano come le quinte di un teatro. È un luogo sublime, che fa paura e nello stesso tempo affascina. Sembra la metafora della Sicilia, dove tutto si muove su due piani: bellezza e orrore, luce e lutto, grandezza e la miseria. Per questo l’ho scelto.  Io vivo a Sambuca di Sicilia, “Il borgo più bello d’Italia 2016”  che possiede una straordinaria varietà di paesaggi, dal Lago Arancio, al Bosco del Pomo, al Genuardo, al sito greco-punico di Adranone. Un godimento per l’occhio. Uno stimolo per chi ama scrivere. Basta guardare e tradurre in parole le suggestioni. 

Rispetto al passato, nei suoi paesaggi e nel carattere dei suoi abitanti, la Sicilia è meno aspra e silente?

Chi ritiene che la Sicilia sia una terra aspra deve ricredersi. Nel giro di quarant’anni, le Terre Sicane hanno mutato volto. I seminativi hanno ceduto spazio ai vigneti, che, qui, hanno ritrovato il loro habitat.  Chi osserva il territorio dall’alto, ha l’impressione di vedere un’enorme scacchiera, una geometria varia di forme e colori che rivelano ordine e razionalità. La Sicilia è meno aspra rispetto al passato e, sicuramente, meno silente. Sono lontani i tempi durante i quali la parola “mafia” erano impronunciabile, e molto più netti i confini tra legalità e illegalità.

Approfitta anche della scrittura per ribadire il suo profondo amore per i vini?

Coltura e cultura si equivalgono. Il mio lavoro fa da pendant a quello della mia famiglia. La nostra cantina - di cui si occupano mio marito e i miei figli, soprattutto Davide, - sorge sul Lago Arancio, un luogo fantastico, ampiamente descritto nel mio romanzo.  Produciamo vini biologici che raccontano la fatica, la passione e il rigore con cui sono prodotti. Il top è il Villamaura, un Syrah in purezza. 

 

Come riassumerebbe il suo amore per il vino? 

Eccolo in questi versi che chiudono una poesia dedicata a mio marito, Gaspare: “Al ritorno/ spillasti la bottiglia migliore/Il vino rosso rubino/un Syrah invecchiato in cantina/ tinse le tue e le mie labbra  e scaldò la memoria/ Ora non ci perdiamo più tra i filari/ Il fuoco lo attizziamo col vino maturato negli anni/ Ha dentro la tempesta/i profumi del bosco/l’amore/e persino il dolore/ Ha dentro la vita/ E tu continui a berla con me”.

Se potesse riscrivere una pagina della storia siciliana quale sceglierebbe e perché?

 

Se potessi farlo, cancellerei quella straordinaria frase di Tomasi di Lampedusa "il peccato che noi siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di 'fare', non perché non sia vera, ma perché vorrei che non lo fosse”. 

Giovanni Zambito.