Categoria: Rivista Online - Edizione - Dicembre 2016

Sono i numeri più di mille parole ad evidenziare il successo o meno di un’iniziativa e in questo senso, quelli dell’evento che si è svolto presso il Westin Excelsior di Roma non lasciano spazio ad interpretazioni. L’evento tra i più attesi nel calendario stagionale delle degustazioni romane, ha richiamato già dall’apertura di sabato la folla degli appassionati romani che si sono intrattenuti tra i banchi d’assaggio allestiti nelle due sale, a contatto con i produttori ed il loro piacere nello spiegare ogni curiosità del proprio lavoro. 
La selezione di Tiziana Gallo ha ospitato fianco a fianco grandi aziende consolidate e realtà emergenti, che insieme rappresentano  l’Italia dei vignaioli naturali. Centinaia di referenze per oltre ottanta produttori, che hanno fatto gli onori di casa ad alcune produzioni estere di assoluto livello. Dire “vino naturale” oggi è una definizione che lascia il tempo che trova,  diverse sono le realtà che danno il loro contributo a questa rivoluzione culturale in campo enoico. C’è chi si aderisce ad un disciplinare e chi senza farlo, produce ugualmente dei vini che il più possibile ricercano il contatto con i cicli della natura ed il rispetto dei suoi ritmi. 
Per supportare questa degustazione titanica Tiziana Gallo ha pensato bene di accompagnarla ad un adeguato supporto gastronomico, selezionando diverse possibilità e tutte di qualità assoluta. Tra queste gettonatissima la selezione di prosciutti  Dok Dall’Ava, che oltre al San Daniele ha proposto diverse tipologie anche nelle sfumature dell’affumicato. Grandi consensi anche per i formaggi di Volpetti, celebre salumeria romana e per quelli della Fattoria Biodinamica Calcabrina. 
Vista l’ampiezza dei partecipanti,  ogni menzione risulta essere carente tanti erano i prodotti degni di nota. Soltanto qualche nome per fotografare la qualità dei vini presenti. Da Mario Gatta con “Era”, metodo classico rosè 120 mesi sui lieviti, in cui il produttore rinuncia ad ogni logica commerciale per creare un vino straordinario, oppure il “Derthona” l’ottimo Timorasso  de La Colombera. Il “Rincrocca” Verdicchio dei Castelli di Jesi di La Staffa o “Il vigneto di Tobia”, prodotto nella stessa doc dall’Azienda Col di Corte. Anche sintetizzando però è impossibile omettere i grandi  Irpini di Ciro Picariello con il Fiano in testa a tutti. 
Dalla Spagna gli ottimi metodo classico Brut Nature di “Clos Lentiscus” della zona del Penedes, mentre la testimonianza tedesca l’hanno portata gli splendidi Riesling della cantina  Weingut Molitor Rosenkreuz dalla regione della Mosella. Tra i vini francesi presenti le vecchie annate 1988 e 1989 Vouvray di Francois Pinon, che hanno provocato più di qualche amarcord al palato di chi già beveva vino allora, segnalandosi ancora per una grande freschezza di gusto per nulla intaccata dal tempo e ancora ben lontana dalla caduta.
Tornando nel bel paese da segnalare i grandi Cesanese di Damiano Ciolli  con i suoi  Cirsium e Silene, una delle migliori espressioni del territorio di Olevano Romano, che con il lavoro degli ultimi anni è riuscito a sottrarre al vino quel tanto di potenza restituendolo in finezza, ma senza snaturare  il vitigno. Un segnale che il lavoro dei giovani produttori del Lazio procede nella giusta direzione interpretando il territorio nella sua grande potenzialità inespressa. Lo conferma anche il lavoro dell’Azienda Agricola Maria Ernesta Berucci che nel territorio del Piglio produce tre etichette, tra cui una grandissima Passerina del Frusinate ottenuta da doppia fermentazione chiamata semplicemente “vino bianco”. Testimonial della viticultura laziale d’eccellenza anche Andrea Occhipinti a Gradoli sul lago di Bolsena, che puntando sull’autoctono e sul territorio ha restituito dignità al bistrattato Aleatico vinificandolo con successo in ogni forma possibile,  recuperando anche il Grechetto Rosso prima che cadesse nell’oblio. 
Più a sud si incontra l’Aglianico del Vulture, orgoglio della Basilicata e presente con la Cantina Madonna delle Grazie. Tra i suoi vini il “ Drogone d’Altavilla” domato nella sua naturale scontrosità dal produttore Giuseppe Latorraca, che con orgoglio ne sottolinea il particolare gradimento sul mercato dei paesi scandinavi. Ancora più giù fino in Puglia dove Matteo Santoiemma  nella splendida tenuta Cefalicchio produce tra gli altri un grande Nero di Troia, in un progetto di ricerca su questo autoctono che punta ad esprimerlo al meglio di se stesso. 
Puntando a Nord soltanto grandi conferme, sulla Valtellina di Arpepe o il Piemonte di Rinaldi, Fenocchio e Borgogno non c’è nulla da dire, ma solo registrare il tempo che passa sulla strada della qualità, così come per il Barbaresco di Giuseppe Cortese tra i migliori in assoluto e quello molto interessante dell’azienda Punset.