Categoria: Rivista Online - Edizione - Agosto 2016
Alla vigilia delle Olimpiadi, i Guarani del Brasile mandano un messaggio deciso agli allevatori violenti che stanno distruggendo la loro terra e li sottopongono a violenza genocida e razzismo.
Il messaggio segue un’ondata di sfratti e attacchi violenti, e la morte di un bambino di sette mesi avvenuta nella comunità di Apy Ka’y a luglio.
“Siete degli assassini e continuate ad attaccare la nostra tekohá [terra ancestrale]. Ma noi non cederemo, lotteremo per le terre che ci sono state rubate” ha affermato l’organizzazione dei Guarani del Brasile, Aty Guasu. “Ogni volta che ucciderete uno di noi, la nostra lotta diventerà più determinata. Ogni volta che ci sparerete, avanzeremo di un passo. E per ogni nuova tomba, rioccuperemo più terra. Ve lo garantiamo.”
Aty Guasu ha anche realizzato un video che raccoglie filmati e immagini di alcuni dei più recenti episodi di violenza sferrati contro i Guarani.
Molti Guarani sono costretti a vivere ai margini delle strade e vengono attaccati dai sicari o sfrattati con la forza se tentano di rioccupare la terra ancestrale. I bambini guarani soffrono la fame e molti dei loro leader sono stati assassinati. Centinaia di uomini, donne e bambini si sono tolti la vita, e il gruppo dei Guarani Kaiowá soffre del tasso di suicidi più alto al mondo.
A luglio, quasi 100 funzionari di polizia brasiliani pesantemente armati hanno sfrattato dalla loro terra alcune famiglie guarani. Le loro case sono state demolite e la comunità è stata costretta a tornare a vivere in accampamenti di fortuna ai margini della strada; successivamente un bambino di sette mesi è morto di freddo e malnutrizione.
© Fiona Watson/Survival
Nel corso del 2016, molte altre comunità guarani sono state attaccate dai sicari al soldo degli allevatori. In un attacco alla comunità di Tey’i Jusu un uomo guarani è morto e diversi altri – tra cui un ragazzino di dodici anni – sono stati ricoverati in ospedale.
Guarda: Sicari attaccano la comunità di Tey’i Jusu
“Quest’anno il Brasile ospiterà i Giochi Olimpici, il governo sarà sotto gli occhi del mondo intero e sta cercando di nascondere la realtà che viviamo noi popoli indigeni… Noi Guarani veniamo attaccati, i nostri leader vengono uccisi… e la nostra terra non viene demarcata. Ma questi Giochi Olimpici non mostreranno nulla di tutto ciò” ha detto il leader Eliseu Guarani in un video registrato grazie al progetto di Survival, Tribal Voice. “Persone di tutto il mondo guarderanno questi giochi e faranno il tifo… e faranno il tifo anche per la nostra sofferenza.”
Ad aprile, in vista delle Olimpiadi di Rio 2016, Survival International ha lanciato la campagna ‘Fermiamo il genocidio in Brasile’ per attirare l’attenzione sulla situazione che vivono tribù come i Guarani. Le loro terre, le loro risorse e la loro forza lavoro vengono derubati nel nome del “progresso” e della “civilizzazione”.
La campagna chiede al governo brasiliano di rispettare la legge proteggendo i Guarani, demarcando la loro terra, perseguendo gli assassini e fornendo cibo alle comunità affamate fino a quando non riotterranno la loro terra ancestrale. La campagna richiama l’attenzione anche sulle tribù incontattate del Brasile – i popoli più vulnerabili del pianeta – e sul PEC 215, una proposta di emendamento costituzionale che indebolirebbe i diritti territoriali dei popoli indigeni e porterebbe alla frammentazione e allo sfruttamento dei territori indigeni già esistenti.
Guarda: leader guarani dice no al PEC 215
“Mentre i media sono distratti dai Giochi Olimpici, in Brasile è in atto una crisi umanitaria urgente e terribile. La situazione dei Guarani non è un’anomalia, è la continuazione di un secolare processo di furti di terre, violenza genocida, schiavitù e razzismo” ha dichiarato Stephen Corry, Direttore generale di Survival International. “Molti indigeni stanno morendo e vengono uccisi, in tutto il paese vengono sterminate intere tribù. È difficile esagerare la gravità di questa crisi che terminerà solo quando i popoli indigeni saranno rispettati come società contemporanee e i loro diritti umani tutelati. Il Brasile deve agire adesso, prima che siano distrutti altre tribù.”
Francesca Casella:
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