Categoria: Rivista Online - Edizione - Maggio 2016
E’ Appena terminato il ponte del 25 aprile con le solite code autostradali da rientro miste alla delusione di quanti, attratti dalla possibilità di un anticipo sulle vacanze, hanno trovato il maltempo a sbattergli la porta in faccia. L’ennesimo cambio di temperatura stavolta ha sorpreso veramente tutti. L’improvvisa discesa del termometro ha persuaso chiunque alla repentina marcia indietro sul cambio di stagione ormai effettuato negli armadi, per tornare a indossare nuovamente piumini e maglioni. Ne pagano dazio anche le campagne del centro Italia e se da una parte c’è chi ha gioito per la comparsa improvvisa della neve fuori stagione, dall’altra non lontano dalla capitale c’è chi conta i danni. Grandinate e temperature in picchiata anche di 15 gradi mettono in serio pericolo i raccolti stagionali e la viticultura. Provincie come quella di Frosinone sono in ansia, mentre il vicino Abruzzo registra la gelata più importante degli ultimi vent’anni che mette in ginocchio i viticoltori locali.
La cornice climatica era forse in sintonia solamente con la ricorrenza della liberazione, svuotata negli anni dei suoi contenuti più autentici e di coesione tra gli Italiani. Un “25 Aprile” sempre più ad uso e consumo strumentale di chi utilizza uno dei momenti cardine della storia d’Italia per rimpolpare ideologie ad uso demagogico ma ormai vuote di significato, proponendo in alternativa una sua personale lettura della storia. Modalità che fanno il paio con la festa dei lavoratori del 1° Maggio, con il concertone in Piazza S. Giovanni che vede schierata la rappresentanza sindacale al completo. Al sicuro nei loro stipendi d’oro arringano la folla nella moltitudine di bandiere al vento, triste recita dei soliti slogan ritriti inneggianti tematiche che a loro non appartengono più.
A circa un mese dalle elezioni del primo cittadino i dubbi per l’elettore non sembrano svanire. Il ventaglio dei candidati è ancora un rebus, la destra o quella che una volta poteva definirsi tale, metteva inizialmente in campo un Bertolaso spalleggiato da Berlusconi ma ora rinunciatario in favore di Marchini, battitore libero intento a stabilire congiunture favorevoli. C’è poi la Meloni sostenuta da Salvini, che potrebbe avere concrete chance per arrivare al ballottaggio. Fa da contorno uno spento Storace più altri eventuali e vari. La mancata unione delle forze, è insieme occasione persa e dimostrazione che l’attaccamento alle poltrone non è mai morto. Giachetti intanto conduce la sua campagna al riparo dai riflettori, limitandosi a radunare le diverse anime di quella che una volta era la sinistra, sempre forte sul territorio romano ma che non comprende le posizioni più radicali rappresentate da Fassina, praticamente messo alla porta dal partito del Premier mai eletto. La grande attesa è però per la Raggi che pur tra qualche svarione che ne scalfisce l’aurea da “Santa subito”, accredita il M5s non più come outsider ma come presenza sicura almeno al ballottaggio.
I Romani però il loro sindaco l’hanno già scelto, non ha un partito ed è capace di scaldare il cuore e gli entusiasmi in una maniera che più trasversale non si può. Lui è il Capitano, lui è Francesco Totti, straordinario calciatore forse il più grande nell’Italia del dopoguerra. Un atleta eccezionale, che alla soglia dei quarant’anni dispensa ancora con i piedi traiettorie negate ai suoi colleghi. La sua scelta d’amore è stata quella di legare il suo nome e la sua carriera ad una sola maglia quella che porta il nome e i colori di questa città, rifiutando le offerte faraoniche delle squadre più blasonate del mondo e di tutti gli allori che ne sarebbero conseguiti. Amore infinito anche quello che i tifosi nutrono per lui, tanto grande da contestare l’allenatore che non lo mette in campo, costretto nel suo ruolo a fare i conti anche con l’età di questo straordinario campione. “Un Capitano c’è solo un Capitano” canta tutto lo stadio in coro esplodendo d’entusiasmo quando si alza dalla panchina, lui ricambia con imprese sorprendenti che rimarranno per sempre leggenda nel cuore della tifoseria. Come un novello Altafini, è capace nell’arco dei pochi minuti finali di trascinare la Roma alla vittoria e i tifosi al delirio. Così è stato a Bergamo con l’Atalanta, quando entrato poco prima del triplice fischio con una rasoiata da fuori area ha raddrizzato le sorti dell’incontro. Si è superato tra le mura amiche dell’Olimpico, entrando addirittura a quattro minuti dalla fine e ribaltando le sorti dell’incontro, prima con un gol in scivolata da bomber di razza e calciando un minuto dopo il rigore che ha portato la Roma alla vittoria, con i tifosi sugli spalti impazziti tra lacrime di gioia. Ora il “bimbo de oro” è in scadenza di contratto e tutti sono in ansia in attesa del rinnovo, nella paura di non poter più ammirare le gesta del loro irripetibile campione, anche saltuariamente e per pochi minuti. Ultima bandiera che tiene accesa la passione dei tifosi in uno sport ormai divorato dal business.
Tra elezioni del Sindaco ed icone sportive dell’era moderna l’atmosfera cittadina è carica di romanità, quale momento migliore quindi per visitarne anche le vestigia del passato. Riprende lo spettacolo multimediale il “Foro di Augusto 2000 anni dopo” e il “Foro di Cesare attraversando la galleria dei Fori Imperiali” progetti curati da Piero Angela che con l’ausilio di ricostruzioni e proiezioni mostreranno i monumenti nel loro antico splendore. Al di fuori della cultura romana da non perdere “Alphonse Mucha” in mostra al Complesso del Vittoriano fino a settembre. Duecento opere dell’autore che agli inizi del 900 creò un nuovo genere di arte visiva, realizzando gli originali manifesti di donne seducenti protagoniste ed icone dell’Art Nouveau, presenti in tutti gli ambienti raffinati nella Parigi della Belle Époque.
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