Categoria: Rivista Online - Edizione - Marzo 2016

Sant’Angelo Lodigiano. E gli furono girate le spalle da parte della “bella Bolognina”, la duchessa Eugenia Litta Bolognini al teatro alla Scala.                                                                                                                                                                                                            
Giuseppe Garibaldi  è un nome che tutto il mondo conosce e che oggi risulta tra gli eroi nazionali per eccellenza . “Ha parlato male di Garibaldi!” (la famosa frase dell’attore milanese Tecoppa ) sintetizzava il colmo dell’iniquità. Il grande eroe, infatti, non sempre fu benvisto da tutti. Sia al nord che al sud. Di certi episodi scomodi, di cui fu protagonista durante il suo infinito girovagare in tutta Italia, i suoi biografi hanno preferito non parlare. Ne avrebbe sofferto il mito. Così quasi nessuno è a conoscenza di due episodi svoltisi in Lombardia, a Milano e a Sant’Angelo Lodigiano. Il primo è riportato nella biografia da me pubblicata “ La bella Bolognina – amante di Umberto I° ”, l’altro, addirittura quasi boccaccesco, nel capitolo iniziale del mio volume su “Santa Francesca Cabrini,Madre Coraggio delle Americhe”.  Si riporta di seguito uno stralcio di quest’ultimo.<<   (…) Qualcosa di diverso frullava nell’aria quel giorno del 1862 e, come ad un segnale, tutti lasciarono il loro lavoro e si ritirarono – quasi a rifugio – nelle case dai bassi soffitti di legno appoggiati a grosse travi trasversali. Ben pochi soltanto furono quelli che si ritrovarono, più per curiosità che per interesse, davanti al Municipio. Volevano vedere come era, guardarlo in faccia e magari criticarlo questo mangiapreti di Garibaldi che, da Pavia diretto a Crema, dovendo per forza attraversare Sant’Angelo Lodigiano, vi  si sarebbe fermato il breve tempo di un ricevimento in Comune. (…)  Così, quell’uomo in camicia rossa, dai capelli biondi e tanto chiacchierato, entrato in Municipio si era affacciato al balcone. Lui non andava molto d’accordo con i preti e con il papa . E i Santangiolini, tutti di chiesa o quasi bigotti, lo sapevano e non lo approvavano. Eccolo allora dal balcone parlare ai pochi curiosi, dichiarando loro, in illusione di simpatia, la sua intenzione di visitare la chiesa parrocchiale, non molto distante da lì .Ma non aveva – meschino – previsto …  l’imprevisto. Appostato all’angolo, il sacrestano, inviato segreto del parroco don Bassano Dedè, ne scrutava ogni mossa. Non appena udito il mistificatore proclamare  dal balcone la sua decisione, concludendo con il grido “Viva la religione cattolica!” ,lo stravolto sacrestano corse ciabattando verso la casa parrocchiale. Sulla porta don Dedè con quell’altro ribelle di don Domenico Savarè ( che già aveva avuto a che fare con la giustizia governativa e liberale) attendevano gli eventi.”Signor prevosto, signor prevosto!” si mise ad urlare ancora da lontano il nostro uomo.” Signor prevosto, vuol venire in chiesa! L’ha detto dal Municipio”.E si fermò, perplesso ed ansante davanti al signor prevosto, asciugandosi con un grosso fazzoletto rosso a pallini blu la fronte sudata più per l’emozione che per la corsa. “Come, come? –esclamò il prevosto- Quell’anticristo si vuol mascherare da persona per bene e vuole entrare nella mia chiesa?” “Non sarà mai dett0! Ci ha preso per gonzi?”, l’interruppe don Savarè.Le due vesti nere, sollevate leggermente ai lati per una camminata più agevole, volarono verso la chiesa, seguite a fatica dal non ancora ritemprato sacrista. Intanto il malcapitato ospite percorreva la poca strada che lo separava dalla chiesa, seguito dal codazzo degli accompagnatori e dagli sguardi curiosi  dei pochi santangiolini presenti.”Parigi val bene una messa”, era stato detto una volta. Anche Sant’Angelo, adesso valeva una messa! Girato l’angolo, si ritrovò sul sagrato. Ancora un passo ed il gioco era fatto. Il portone era lì, a pochi passi. L’incauto avanzò. Ma sul portone, gigantesco, solenne, minaccioso, ecco il parroco! Novello Sant’Ambrogio con Teodosio, il braccio alzato, lo sguardo severo, indietreggiò sulla soglia. “Vade retro, Satana” sembrava fosse scritto sulla sua fronte. Ancora un passo indietro … e il portone si rinchiuse di colpo fra lui e il malcapitato eroe. Un rumoroso colpo di catenaccio dall’interno sigillò l’evento. (…).Generalmente in tutte le località visitate da Garibaldi una lapide o una stele ne immortala l’evento. A Sant’Angelo Lodigiano non fu possibile. Il secondo episodio fa parte della biografia “La bella Bolognina, amante di Umberto I° “che pubblicai nella “Trilogia del castello”. Due anni prima della vicenda di Sant’Angelo Lodigiano, durante il Carnevale ambrosiano a Milano fece scalpore un episodio sia pur discutibile, altezzoso  e di gratuita villania da parte della duchessa Eugenia Litta Bolognini, denominata affettuosamente “ La bella Bolognina “, una “dea” del Risorgimento meneghino. Guardacaso figlia del conte Attendolo Bolognini del castello di Sant’Angelo Lodigiano. Questa  dea, definita “una delle più belle donne d’Europa”, aveva avuto il coraggio di fare ciò che le altre dame dell’aristocrazia non avevano osato, ma forse tacitamente approvato. Infatti, a dispetto dei sentimenti patriottici da non mettere in dubbio, queste dame consideravano il generale un grande condottiero, sì, ma tuttavia anche un “ pervenu “, un ambizioso di bassa estrazione da tenere a distanza. Lui e i suoi garibaldini. Che facevano bella mostra di sé in camicia rossa, petulanti, irrequieti, sediziosi. Garibaldi veniva accolto con straordinari segni di ammirazione a spese del municipio, ma la sua venuta era un pericolo di tumulti. Il prefetto Giuseppe Pasolini ricordava che Garibaldi, “ acclamato in piazza, non lo fu quasi affatto quando entrò nel teatro alla Scala”.
Ed eccoci finalmente al famoso episodio della bella Bolognina. Quella sera tutta Milano gremiva la Scala per la presenza di Garibaldi, che sedeva nel palco accanto a quello della duchessa Litta Bolognini. Splendente più che mai, in una crinolina dal vertiginoso décolleté, Eugenia entrò nel proprio palco, sorridente e fascinosa, e, con studiata disinvoltura, si sedette ignorando l’eroe per il quale tutta Milano si trovava in teatro. Anzi, gli voltò addirittura le spalle, dichiarate “ le più belle della mondanità lombarda”. Fra la meraviglia generale e i commenti non certamente bonari del pubblico, nel grande brusio sorto di botto, tutti i binocoli si puntarono su di lei. La gente cominciò a mormorare scandalizzata. Uno dei più bei giovani galanti di Milano, il colonnello garibaldino Giuseppe Missori, che si trovava in platea e che conosceva appena la duchessa, constatando come l’atmosfera si stesse facendo troppo rovente, salì al suo palco. Con l’eleganza del militare ossequioso, le baciò la mano e le si sedette di fronte, rimanendovi per tutto lo spettacolo. I mormorii ostili del pubblico cessarono immediatamente perché dal contegno di Missori si comprese che l’atto della Litta era stato involontario. Un ufficiale di Garibaldi mai sarebbe andato ad ossequiarla dopo un gesto simile.Sembra che il cavalleresco garibaldino non abbia spiegato il motivo della propria visita, ma che Eugenia lo apprendesse soltanto il giorno successivo. Si rammaricò molto, allora, della propria sgarberia verso il generale, commessa inconsciamente, dato che ignorava la sua presenza in teatro. Cosa poco plausibile, visto che tutti si trovavano alla Scala per quello. Da quel giorno divenne amicissima di Missori, profondamente grata a lui per l’atto che era valso a dissipare ogni equivoco. Le malelingue vanno oltre la gratitudine. Il Sottovoce è che la Litta, non sdegnando i giovanotti in camicia rossa purchè fossero persone eccezionali, desse proprio la preferenza a Giuseppe Missori. Fra i garibaldini preferiti  si fa il nome di un Falcò, “ un torello, un giovane possente dell’aristocrazia”. Dall’ aristocrazia alla Regia Corte il passo le fu breve. Poco dopo divenne infatti l’amante del re Umberto I°. Per tutta la vita!                                    
Anche questo fa parte della Storia d’Italia. Una relazione molto chiacchierata, sempre in pasto ai gazzettieri e che si è sempre cercato di minimizzare o addirittura di nascondere. Appunto perchè il mito non ne soffrisse.
 
ACHILLE MASCHERONI                                                                                        
 
BIBLIOGRAFIA                                                                                                                                                                 
PIETRO NOVATI, Testimoni scomodi - 1970                                                                                                                                  
ACHILLE MASCHERONI , La bella Bolognina, amante di Umberto I° - 2000                                                                               
ACHILLE MASCHERONI,Santa Francesca Cabrini, Madre Coraggio delle Americhe - 2000