Categoria: Rivista Online - Edizione Settembre 2016

 

“Il pesce fresco ... questo sconosciuto”

“Beh, la crisi economica c´entra, sì, poi c´è il fatto che il pesce si consuma per lo più al ristorante”, precisa un pescatore calabrese, “spesso a peso d´oro... eppoi l´abitudine di mangiare pesce a casa almeno due volte per settimana non attecchisce più di tanto ed ecco che il mercato di vendita al pubblico non ce la fa a sopravvivere e per ciò non si trova facilmente pesce fresco in commercio; troppa fatica per pescarlo, poco il pesce sotto costa, quindi per noi poco guadagno!”. Questa la spiegazione semplicistica che il pescatore da noi interpellato sulla scarsità del pesce fresco in commercio, quasi si trattasse di un alimento raro, ci offre. Se è pur vero che la cultura di includere questo alimento ricco di proteine almeno un paio di volte nel menu settimanale non sempre è presente in tutte le famiglie, ci saranno dei motivi e di sicuro le cose non stanno proprio così come rappresentate dal buon pescatore.

Scarsezza del prodotto, prezzo, freschezza

Tanto per fare un esempio significativo, negli ultimi 30 anni gli esemplari di pesce spada nel Mar Mediterraneo sono crollati numericamente del 70% circa. Oggi, secondo l'Iccat, la Commissione Internazionale per la Conservazione dei Tunnidi e specie affini, dopo decenni di sovrappesca resta solo un 30%, di questa specie ittica rinomata per le carni.

E come per il pesce spada anche per altre specie, quali tonno rosso, alici, sardine, triglie e naselli il problema della scarsità consiste nella sovrappesca selvaggia.

È necessario adottare un piano di recupero serio e trasparente e su questo dovrebbe imporsi la Commissione Europea nei confronti degli Stati Membri che condividono le acquee del Mediterraneo, quella stessa Commissione che sta affondando la nostra economia con accordi capestro stipulati nel campo agro-alimentare con Tunisia e Marocco. Sembra che tutto ciò che viene prodotto in Italia faccia torto ai signori di Bruxelles, che inesorabilmente ci legiferano contro, vedasi sempre esemplificativamente un recente diktat: Italia produca formaggi anche con il latte disidratato; addio latte fresco come ingrediente a vantaggio di quello in polvere. Cui prodest? A buon intenditore... poche parole!

Tornando però al “pesce fresco”, richiamo di prestigio nelle tabelle esposte nella stragrande maggioranza dei ristoranti, cosa c´è sotto? È logico che la varietà di pesce fresco vantato da molti ristoratori non è pesce pescato nel mare antistante. Per la nostra esperienza e per la logica, di fresco possiamo aspettarci solo qualche fritturina o grigliata di pescetti misti pescati in loco con le lenze o con le nasse sotto costa la notte precedente dal buon pescatore, per gli altri in menu, quasi sempre, si tratta di pesce arrivato da altrove, al fresco naturalmente quando tutto va bene e non al freddo altrimenti ricadremmo sul pesce congelato.

Comunque, le cause della mancanza di pesce fresco e il depauperamento del suo commercio nei mercati del pesce, si può imputare per cominciare a due cause:

La prima, contrariamente a quanto lamentato dal pescatore,  è determinata dall’aumento della richiesta che fa lievitare i prezzi, ma non scoraggia una determinata fascia di consumatori che vuoi per motivi di dieta, vuoi per motivi di abitudine e di gusto, non sa farne a meno.

La secondaè determinata dalla tecnologia applicata sui pescherecci, sempre più precisi strumenti di cattura, muniti di radar, ecoscandagli, ultrasuoni e altre tecniche che consentono l’individuazione del pesce, specificando anche la quantità, la profondità e le sue dimensioni. Chi non ricorda o non ha mai visto la pesca del pesce spada nello stretto di Messina, con barche di legno lunghe dodici metri e munite di una torretta in traliccio di ferro alta più della lunghezza della barca, circa 25 metri sulla cui sommità stanno l’avvistatore e il timoniere che trasmette le convenzionali coordinate di dove sarebbe stato avvistato il pesce al fiocinatore che con la fiocina assicurata a una sàgola, da un secondo traliccio chiamato passerella lungo circa 45 metri, che sporge dalla prua, attende che il pesce sia alla portata del suo lancio per essere catturato.

Altro che radar o sonar!

In queste condizioni, il pesce viene “pescato”; in quelle più tecnologiche il pesce viene “sterminato” perché incontra difficoltà di habitat e di riproduzione, per cui, se fresco, scarseggia sulle tavole e i prezzi diventano proibitivi per le normali famiglie.

A tutto ciò bisogna aggiungere le restrizioni imposte dalle norme comunitarie emesse senza competenze specifiche e probabilmente al solo fine di agevolare un tipo di pesca a scapito di altra praticata da qualche nazione del nord Europa.

Basta dare uno scorcio alla proposta di “Regolamento del parlamento Europeo e del Consiglio” relativo alla conservazione delle risorse della pesca e alla protezione degli ecosistemi

marini attraverso misure tecniche, che modifica i regolamenti  emanati dal 2006 ad oggi, per rendersi conto di come i pescatori, specie quelli artigianali e non industriali, vengano sommersi da un´ondata, tanto per stare nel tema, di restrizioni, limitazioni e sanzioni che impediscono loro l’esercizio della pesca.

Le misure tecniche, transitorie vengono istituite per “tamponare” ma non risolvere problemi emergenti.

Esse sono raggruppate nelle seguenti categorie:

–misure che disciplinano l’utilizzo degli attrezzi da pesca;

–misure che disciplinano le caratteristiche costruttive degli attrezzi utilizzati;

–taglie minime al di sotto delle quali i pesci devono essere rigettati in mare;

–misure che stabiliscono controlli spaziali e temporali (quali zone di divieto/ad accesso limitato e fermi stagionali) volte a proteggere le aggregazioni di giovanili o di riproduttori e

–misure intese a mitigare gli impatti degli attrezzi da pesca su specie sensibili (quali mammiferi marini, uccelli marini e tartarughe) o zone di divieto per la protezione di habitat sensibili (quali barriere coralline di acqua fredda).

È opportuno fermarsi qui per non tediare il lettore e soprattutto perché sembra evidente come si sia resa la vita del tradizionale pescatore difficile se non impossibile.

E che dire del pesce congelato? Senza dubbio è proprio il pesce congelato il nocciolo della questione.

La terza causa, secondo noi, della frequente mancanza di pesce fresco in commercio o quando si va a mangiare in un ristorante di una delle tante incantevoli coste del nostro Paese, è una causa tecnica, il c.d. Trade Marketing che fa parte delle Strategie Commerciali, ovvero l'applicazione delle tecniche di marketing indirizzate al distributore piuttosto che al consumatore finale.

Tra pesce fresco e congelato c´é di mezzo un abisso, ci sia consentito il termine dato che parliamo di abitanti del mare, per chi se ne intende naturalmente e per gli altri, diciamo per la maggioranza della popolazione, c´è solo da fidarsi del famoso asterisco che indica quando un pesce è congelato e che di tanto in tanto qualche ristoratore “dimentica” di apporlo o peggio ancora alcuni di essi sostengono che il pesce è fresco se non è surgelato.

Ecco allora che la maggior parte del pesce fresco va a finire nella catena del freddo, ossia in tutto quel procedimento che permette di mantenere la temperatura ottimale dagli alimentari in genere, ai prodotti ittici, siano essi congelati, surgelati o refrigerati.

Gli operatori dell´alimentazione, ovvero i distributori o intermediari delle catene commerciali, destinatari delle tecniche di marketing sopra accennate, in realtà, acquisiscono a buon prezzo e in grande quantità i prodotti di cui si servono quando l´offerta è maggiore, utilizzano la catena del freddo e durante qualsiasi epoca dell´anno sono in grado di offrire (a che prezzi!) tutto ciò che per natura sarebbe “fuori stagione”.

Pertanto, sovrappesca da una parte, accaparramento totale del pesce fresco degli operatori del ramo dall´altra e voilà che di veramente fresco, rassegniamoci, al ristorante “ non si sa più che pesci pigliare”...  nella maggior parte dei casi, tranne qualche eccezione, ci rimane solo, se tutto va bene, qualche sparuta fritturina di paranza.

 

G.&G.Arnò