Categoria: Rivista Online - Edizione - Gennaio 2016

Verona – Anche lui, come tanti suoi connazionali testardamente al capezzale di quest’Italia contemporanea che rifiuta sdegnosamente cure ed eutanasia perché oltraggiata, vox populi docet, dalla peggior politica espressa dalla costituzione della Repubblica Italiana (in seguito ai risultati del referendum istituzionale del 2 e 3 giugno 1946), manifesta una sorta d’amore a… corrente alternata con la propria nazione, considerata malata e, quindi, da accudire, anche amandola di più. Magari vincendo il voltastomaco, facendo buon viso a cattiva sorte, tappandosi il naso… Rischiando comunque di finir dentro il bollente calderone che cuoce insieme amore ed odio… 
Per Marcello Veneziani, giornalista e scrittore, pare che l’Italia sia ancora bella ma… impossibile. E lo dice tra le righe del suo ultimo libro, “Lettera agli italiani (Per quelli che vogliono farla finita con questo Paese)”, Marsilio (Collana I nodi), 2015, pagg. 156: “Voglio bene all’Italia anche se mi fa male vederla così. Voglio bene all’Italia anche se è davvero malata, ma questo è un motivo per amarla di più. La vedo tutt’altro che eterna e possente, la vedo fragile e assente, molto invecchiata; la vedo stanza e spaventata, la maledico, ma è una ragione di più per darle il mio fiato. Perché l’Italia non è solo una Repubblica. L’Italia è mia madre. L’Italia è mio padre. L’Italia è il racconto in cui sono nato. (…) Ma dire Repubblica è troppo poco, c’è una parola più adatta: Patria. L’Italia è la mia casa, è il ritorno, è l’infanzia, il cielo e la terra che mi coprirà”. 
 
E stralci scelti della “missiva” di Veneziani sono stati letti con espressive tonalità dall’attore e regista Tiziano Gelmetti, interprete a latere della performance “Comizio d’amore (Pensieri e parole, immagini e musica alla ricerca della Patria smarrita)”, messa in scena nei giorni scorsi presso il Circolo Unificato dell’Esercito di Castelvecchio, a Verona (su invito dell’Associazione “Amici delle Forze Armate e di Polizia”, Afap), dall’autore d’origine pugliese toccando i tasti (sentimentali) d’un nazionalismo quasi risorgimentale e rivoltando i cassetti intimi del pubblico perché ritrovi (od almeno tenti di farlo) il senso di terra comune. Da coccolare nonostante gli sganassoni ricevuti, il rifiuto ipocondriaco, l’italianità passata di moda o riservata solo ai celiaci dell’identità nazionale.
Il “Comizio d’amore” di Veneziani è (recita il pieghevole d’invito) “un racconto italiano con innesti musicali, passi recitati e immagini, incentrato sul risveglio d’Italia dal torpore depresso dei nostri giorni. Una manifestazione di tipo culturale e civile, incentrata sulla voglia di essere, diventare, tornare a essere italiani”. Tornare ad essere italiani? Impresa difficile nel contesto attuale d’arretramento di valori innati, Dna stravolto ed impazzito sotto i colpi del più becero nichilismo e dell’imposizione (più che integrazione) di cancerogene radici allogene che rischiano di provocare l’incurabile metastasi della società originale. 
Intervallando video e foto, le pungenti riflessioni in agrodolce di Veneziani (con la “colonna sonora” della sua particolare voce senza inciampi od incertezze) hanno avuto, come simbolo, una clessidra: “Quando il futuro si vuota e si riempie il passato, non resta che rovesciare la clessidra”. Come ha fatto l’autore alla conclusione del suo “viaggio” tra vizi e virtù italiche, comunque “giustificati” dall’amor di Patria che sembra una battaglia persa più che una vittoria della ragion d’essere. Persa volentieri non come sconfitta o per strada ma per causa-effetto di ciò che si è diventati, mollaccioni italiani che tirano a campare, eventualmente rinnegati “per grazia ricevuta”, supini all’accoglienza imposta (e mai proposta) da terzi e che ringalluzziscono d’orgoglio solo quando gioca la nazionale di calcio. Anzi, l’area del campo di football sembra essere rimasto l’ultimo lembo di terra veramente italiano da difendere a tutti i costi, con i calciatori-guerrieri in azione ed i tifosi-patrizi-plebei a spronarli.
 
       
 
Veneziani dietro le quinte, al termine del suo “Comizio d’amore”  -  Il giornalista e scrittore mentre firma copie del suo ultimo libro
 
Marcello Veneziani è nato a Bisceglie, in Puglia, il 17 febbraio 1955 e s’è laureato in Filosofia all’Università degli studi “Aldo Moro” di Bari per poi avviare, nel 1979, l’attività giornalistica nella redazione barese del quotidiano Il Tempo. Dopo il praticantato a Il Giornale d’Italia, è diventato giornalista professionista nel 1982 ed ha ricoperto dal 1981 al 1987 la direzione del gruppo editoriale Ciarrapico-Volpe-La Fenice. 
Intellettuale di destra di spicco, Veneziani s’è impegnato in varie sue opere a rivalutare il pensiero di Giulio Cesare Andrea Evola, più noto come Julius Evola (Roma, 19 maggio 1898 – Roma, 11 giugno 1974), filosofo, pittore, poeta, scrittore ed esoterista.
Come giornalista, ha scritto e scrive per diverse testate (Il Giornale, Il Messaggero, La Repubblica, La Stampa, Secolo d’Italia, L’Espresso, Panorama, Il Mattino, La Nazione, Il Resto del Carlino, Il Giorno, La Gazzetta del Mezzogiorno) e collabora con la Rai in qualità di commentatore. E proprio nella Rai è stato membro del Consiglio d’amministrazione nel corso della XIV Legislatura, oltre che componente del Consiglio d’amministrazione di Cinecittà. 
Risulta alquanto febbrile il percorso prettamente giornalistico di Veneziani: nel 1981 ha fondato il mensile Omnibus mentre dal 1985 al 1987 è stato direttore responsabile del bimestrale Intervento. Nel 1988 ha creato e diretto fino al 1992 il mensile di cultura Pagine libere dando vita, in seguito, ad altre pubblicazioni: L’Italia settimanale con l’attinente Fondazione Italia (1992-1995) e Lo Stato (1998-1999) che finì per coagularsi con Il Borghese di cui fu direttore editoriale in coppia con Vittorio Feltri. Il rapporto con quest’ultimo, avviato con L’Indipendente e con Il Giornale, s’è irrobustito con Libero (2004) e di nuovo con Il Giornale (dall’agosto 2009 al febbraio 2015). 
 
Oggi Marcello Veneziani vive tra Roma e Talamone (Grosseto) e coordina al meglio i lavori di giornalista e scrittore con quelle d’originale pensatore e d’intrigante conferenziere. 
 Tra i titoli scritti figurano, come produzione parziale degli ultimi anni: Un’ora d’aria, Avagliano Editore, Roma, 2015; Ritorno al sud, Mondadori, Milano, 2014; Anima e corpo, Mondadori, Milano, 2014; Dio, Patria e Famiglia dopo il declino, Mondadori, Milano, 2012; La rivoluzione conservatrice in Italia, SugarCo, Milano, 1994-2012; Vivere non basta, Mondadori, Milano, 2011; Amor fati, Mondadori, Milano, 2010; Anni incendiari. 1909-1919: il decennio che sconvolse l'arte e il pensiero, la storia e la vita, Vallecchi, Firenze, 2009; Sud, Mondadori, Milano, 2009; Rovesciare il ’68, Mondadori, Milano, 2008; Contro i barbari, Mondadori, Milano, 2006; Comunitari o liberal, Laterza, Roma, 2006; La sposa invisibile, Fazi Editore, Roma, 2006; La sconfitta delle idee, Laterza, Roma, 2005; I vinti, Mondadori, Milano, 2004; La cultura della destra, Laterza, Roma, 2004; Il segreto del viandante, Mondadori, Milano, 2003; Di padre in figlio, Laterza, Roma, 2002.  
 
I suoi lavori hanno procurato a Veneziani varie e prestigiose gratificazioni: VII Edizione Premio Cirri (1998); XIX Edizione, sezione narrativa, Premio Hemingway (2003); IX Edizione, sezione opere edite, Premio Cimitile (2004); XXVI Edizione, sezione saggistica, Premio Fregene (2004); IX Edizione, sezione saggistica, Premio Roma (2008); IX Edizione, sezione giornalismo “Gente in Aspromonte”, Premio Corrado Alvaro (2009); VII Edizione, sezione letteratura, Premio D. H. Lawrence (2013).
Letterato e bibliofilo (nonché “geloso” del suo patrimonio librario), Veneziani ama “raccontarsi” in veste multiforme e polivalenti espressioni anche sul suo aggiornato sito, www.marcelloveneziani.com, lettura d’insieme stando (con coerenza, “merce” rara oggi) ben ritto a destra…
 
  
Claudio Beccalossi e Marcello Veneziani.