Categoria: Rivista Online - Edizione - Gennaio 2016

Ha fatto la smargiassata, voleva fare come "Eddy Lo svelto" ovvero Paul Newman in uno dei film più belli della storia del cinema americano “Lo spaccone (The Hustler)”. Solo che Recep Tayyip Erdoğan non è riuscito a spuntarla con Putin così come invece il giovane Felton fece, nel film, con "Minnesota Fats". 
Avvisiamo cordialmente la Russia di non scherzare col fuoco” ebbe a dire Erdogan subito dopo l'abbattimento di un jet russo da parte della Turchia e dopo che il presidente russo si rifiutò di rispondergli al telefono.
 
L´abbattimento del bombardiere russo è stato un piacere reso agli americani, all´UE o una dimostrazione di forza verso la Russia e ogni altro? "Si fosse trattato di un incidente, come i turchi dicono, uno si sarebbe aspettato delle scuse” ha osservato Putin e così in effetti è (ma così non è stato).
Forte dell´ombrello NATO, Erdoğan sperava di farla da padrone nei cieli e in terra siriana, fomentando le proprie mire espansionistiche e facendo il doppiogiochista bastonando i curdi con la scusa di combattere l´ISIS, ma aveva fatto i conti senza l´oste.
 
"In Turchia vedo un processo di islamizzazione strisciante, Ataturk si starà rivoltando nella tomba" ha osservato Putin qualche giorno addietro, ma lo avevamo notato anche noi e di sicuro Obama, cui tutto si può rimproverare ma non di certo che non abbia chi gli suoni il campanello d´allarme allorchè venga minacciata la sicurezza degli amici israeliani, ancor più che molto influenti nella politica statunitense.
 
Nel contempo, la Turchia, si è appreso dal quotidiano Hurriyet, citando fonti anonime della diplomazia di Ankara, ha sospeso i suoi voli militari in Siria nell'ambito della Coalizione internazionale contro l´Isis, ufficialmente, data la tensione creatasi dopo l'abbattimento del jet russo, ma in pratica perché ora, dovendo giocare a carte scoperte, non aveva più la possibilità di bastonare i curdi, offrendo così alla Russia, inconsapevolmente, il dominio dei cieli nella Siria nord-occidentale. Al contrario, la Russia ha schierato nella base di Khmeimim i moderni e potenti sistemi di difesa antiaerea S-400 che unitamente ai razzi della nave Moskva, in navigazione nel Mediterraneo, costituiscono un deterrente alle operazioni degli F-16 turchi e non solo.
 
Washington ha capito l´antifona, e oltre ad augurarsi che il sistema di difesa russo non sia puntato contro gli aerei della coalizione a guida Usa, di cui la Turchia fa parte, starebbe prudentemente pensando di abbandonare la Turchia. Una ritirata strategica? Comunque sia, secondo quanto riportato da DifesaOnline, gli USA ritireranno "dodici caccia dalla base di Incirlik, inviati il mese scorso per proteggere lo spazio aereo turco dalle incursioni russe". La situazione a questo punto risulta chiara anche a chi di strategia politico-militare poco ne capisce: Putin a tutti gli effetti non è il nemico da cui guardarsi e sembra ci siano alla fine arrivati a capirlo anche i signori della coalizione.  Nel contempo, la smargiassata di Erdogan gli sta costando discredito e isolamento; gli alleati – USA in primis – sembra non si vogliano far coinvolgere dalle sue intemperanze; peccato che la scatola nera del SU-24 russo abbattuto sia risultata danneggiata al punto da non consentire il recupero di alcun dato utile all´inchiesta sullo sconfinamento o meno, altrimenti avrebbe potuto rappresentare uno schiaffo alla tesi turca dell´asserita violazione del proprio spazio aereo. Comunque sia, alla logica stranamente subentrano altri cervellotici interessi che contrariano l´ordine naturale delle cose. Islamizzazione del paese, repressione delle minoranze etniche e delle opposizioni politiche, scandali sull´accoglienza dei profughi e censura alla stampa di opposizione (è  dolorosamente esemplificativo a tal proposito il caso del direttore del quotidiano turco di opposizione Cumhuriyet, Can Dunar, ancora in carcere assieme ad altri colleghi per la pubblicazione delle foto che documentavano l´itinerario del trasporto di armi destinate ai ribelli siriani al confine turco, senza contare la serie di arresti, avvenuti nelle settimane appena precedenti le elezioni di novembre scorso) non sembrano sufficienti ad escludere la Turchia dai piani di espansione dell´UE; Bruxelles versa 3 miliardi ad Erdogan e rilancia il processo di adesione di Ankara all'Ue. Ma abbiamo davvero perso il senso della ragione al punto da voler fare entrare questa Turchia in Europa?
 
È questa l’Europa che tutti noi ci aspettavamo? Un’Europa, cioè che tra le tante incongruenze e incapacità economiche-culturali, continua a voler rincarare la dose delle sanzioni alla incolpevole Russia e nello stesso tempo apre le braccia alla Turchia, mentre non tralascia occasione, ad esempio di rimproverare e mettere in castigo la nostra Italietta, che sopporta tutto, perché non ha trovato ancora un leader che abbia il coraggio di imporsi con un out-out perentorio e definitivo alle continue angherie messe in atto nei nostri confronti!
 
Basterebbe un semplice accenno del nostro governo alla possibilità di indizione di un referendum consultivo per conoscere il parere degli italiani sulla permanenza o meno nell´area euro per farci recuperare una parte del rispetto perduto!
 
Ancora una volta, invece, a questo punto subentrano gli strani interessi di chi comanda le fila dell´ordine delle cose in gran parte del mondo e soprattutto in Europa, gli USA. Il tutto, dobbiamo ricordare, ebbe inizio nel lontano luglio del 1944 con la Conferenza di Bretton Woods che stabilì due direttive fondamentali; la prima, l'obbligo per ogni paese di adottare una politica monetaria tesa a stabilizzare il tasso di cambio ad un valore fisso rispetto al dollaro, che veniva così eletto a valuta principale, consentendo solo delle lievi oscillazioni delle altre valute; la seconda, il compito di equilibrare gli squilibri causati dai pagamenti internazionali, assegnato al Fondo Monetario Internazionale (o FMI). Il piano istituì, per come è noto, sia il FMI che la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (detta anche Banca mondiale). Queste istituzioni sarebbero diventate operative solo quando un numero sufficiente di paesi avrebbe ratificato l'accordo. Ciò avvenne nel 1946. Nel 1947 fu poi firmato il GATT (General Agreement on Tariffs and Trade - Accordo generale sulle tariffe ed il commercio) che si affiancava all'FMI ed alla Banca mondiale con il compito di liberalizzare il commercio internazionale. Solo che il dominio dell´economia mondiale architettato, come anzi accennato, dagli USA in un momento storico solo a loro favorevole (quasi tutti gli altri paesi, in particolare quelli europei, uscivano dissanguati dalla 2º guerra mondiale) si è avvalso e si avvale in molti casi di azioni tra di esse logicamente dissociate e per di più accompagnate dall´uso diretto o indiretto della forza (guerre, conflitti, ingerenze politiche, sanzioni etc.) per raggiungere il proprio scopo. Prova ne è il fatto che gli USA in Irak, ad esempio, sono dalla parte degli sciiti e combattono contro l'Isis sunnita ma, al contrario, nel Medioriente sono da sempre alleati dei sunniti (Arabia Saudita, Emirati del golfo, Turchia) e combattono gli sciiti.  Essi in questo sconcertante puzzle mediorientale speravano fortemente che l´ISIS liquidasse in un batter d´occhio l´odiato Assad, Russia permettendo, ma ora si vedono costretti a riprendere le armi contro il “Califfo” in Irak e le distanze in Siria ove la situazione è loro sfuggita di mano.
 
Ancora a questo punto, forse un dubbio che avanza nella mente di coloro che contano in USA comincia a farsi certezza; in tutto il mondo islamico, dall´Asia all´Africa, obiettivo della rivoluzione in corso è annientare il mondo occidentale, distruggendone i valori e le tradizioni, al fine di assumere il potere assoluto e controllare tutte le risorse energetiche e idriche come già è accaduto in Irak con i Jihadisti e starebbe per accadere in Libia con i ribelli. Forse i signori di Whashington capiranno che si tratta dell´inizio dello scontro finale di due civiltà e che conseguentemente si rende necessario, soprattutto per i loro stessi interessi, tagliare l´ossigeno al sogno integralista islamico. D´altro canto, una realtà è innegabile: un´Europa destabilizzata e islamizzata con dentro la Turchia non sarebbe sicuramente affidabile, come lo é adesso;  la Russia di Putin, occidentale per tradizione e cristiana da sempre rappresenta la naturale muraglia contro l´invasione islamica.
 
Infine, riportandoci all´intitolazione dell´articolo, dopo aver fatto “bau bau” Erdoğan pare sia rimasto “in brache di tela”. Per Ankara oggi la crisi siriana é una maledetta patata bollente; combattere l´ISIS significa avvantaggiare i curdi e Assad, ma allo stesso tempo, non farlo, costerebbe al governo del “sultano” le sicure critiche e una maggiore diffidenza da parte della comunità internazionale.  E non per ultima c´è la minaccia, questa volta, credibile, di Putin, "Ora i turchi provino a entrare nello spazio aereo siriano...". Chi la fa... l´aspetti!
 
Per concludere sdrammatizzando, si può affermare che i Turchi non fanno paura a nessuno e proprio perché Erdogan ha fatto “Bau...Bau”, vuol dire che non morde, cosi che anche i Curdi gli possono rispondere, parafrasando la vecchia canzone di Gianni Meccia del `60 (Pissi Pissi, Bau Bau) con un “Pissi...Pissi...” invece del solito: “Mamma...li turchi !