Categoria: Rivista Online - Edizione - Maggio 2016

LONDRA – Tra gli innumerevoli aspetti dell’emigrazione italiana, che ancora sfuggono ad una conoscenza non epidermica, ma seria e consapevole, c’è la questione della comunicazione. Esiste, infatti, un’insospettata e vasta rete di stampa italiana all’estero, costituita da giornali, periodici, testate on line, radio e televisioni. Davvero un efficiente sistema di mezzi di comunicazione che copre gran parte del pianeta, se si considerano i continenti e i paesi raggiunti in un secolo e mezzo dall’emigrazione italiana. Alto il potenziale dei lettori, sia tra gli oriundi italiani nel mondo - che le stime attestano intorno agli 80 milioni - sia tra gli italiani in patria. Una rilevazione di cinque anni fa ha censito all’estero ben 775 testate: 455 tra giornali, periodici e testate on line, cui s’aggiungono 274 radio e 46 televisioni che trasmettono programmi in lingua italiana.

Dunque, una potente rete di comunicazione in lingua italiana o bilingue (italiano e idioma locale) che raggiunge ogni giorno milioni di lettori e ascoltatori in oltre sessanta paesi, diventata più pervasiva e penetrante con lo sviluppo del web su telefoni cellulari, tablet, sui vari Social Network e Youtube. E tutto questo sebbene si debba pure registrare come negli ultimi anni, a causa della crisi economica di dimensione planetaria, molte testate ne abbiano gravemente risentito, fino alla chiusura, specie in quei paesi dove i morsi della recessione si sono fatti sentire di più falcidiando il mercato pubblicitario, fonte rilevante di finanziamento del settore. E tuttavia resta una rete d’informazione della quale non sempre si ha un’avvertita percezione delle potenzialità. Se solo l’Italia pensasse in una qualche maniera d’investire su una tale risorsa, quanto se ne potrebbe ricavare in termini di promozione sul mercato mondiale del made in Italy, del gusto e dello stile italiano, oltre che della nostra lingua e cultura.

Philip-Baglini con Antonio Caprarica

Dopo questa premessa, facciamo un salto in Gran Bretagna, dove nel 2015 si sono registrati oltre 57mila arrivi dall’Italia, con un aumento del 37 per cento rispetto all’anno precedente. La Gran Bretagna, dove già la comunità italiana ha una significativa dimensione numerica, è certamente uno dei paesi più scelti dalla nostra nuova emigrazione che, nell’ultimo decennio, ha quasi raggiunto il milione di espatri. Un’emigrazione certamente diversa da quella delle ondate migratorie dei due secoli precedenti, e nondimeno deve far molto riflettere. Si tratta, infatti, in gran parte di giovani laureati, talvolta con master e dottorati nel loro curriculum. Ma ora fermiamoci a Londra, dove ormai vivono 250mila italiani, secondo i dati diffusi dall’Idos, e consideriamo quanta importanza abbia, in un contesto del genere, la comunicazione destinata alla comunità italiana.

E dunque quanto sia stata rilevante la nascita a Londra d’una radio per gli italiani, LondonONEradio, per iniziativa di un toscano emigrato nella capitale inglese, Philip Baglini. Una radio che sta raccogliendo consensi crescenti ed un successo davvero molto lusinghiero. In effetti una radio italiana, prendendo a prestito frequenze della Bbc, a Londra era nata nel 1938, la famosa Radio Londra. Chiuse nel 1981. Ci ha pensato Philip Baglini a farla rinascere, sotto vesti sicuramente più adeguate ai gusti e alle esigenze dei tempi. Filippo Baglini è nato a Pietrasanta, in provincia di Lucca, ma è cresciuto a Pontasserchio, un borgo proprio alle porte di Pisa. All’Università di Pisa nel 2003 si è laureato in Fisica nucleare, sebbene i suoi interessi abbiano anche spaziato nel giornalismo, nella filosofia e nella teologia, oltreché in campo umanistico e letterario dove ha esercitato la sua creatività scrivendo poesie e racconti. Gli incontri con Alda Merini e Romano Battaglia lo hanno convinto a dare alle stampe i suoi lavori. Tre finora i libri pubblicati, una silloge poetica (Cento poesie d’amore) e due volumi di racconti (Passi nel silenzio, Intervista con le stelle).

Emigrato oltre un decennio fa a Londra, Philip Baglini è amministratore delegato (Ceo) della International Communication & Service Ltd (ICS), una società di comunicazione e servizi. Il suo interesse per il giornalismo, l’attenzione verso la comunità italiana, una spiccata sensibilità e il desiderio di sperimentare un modello di comunicazione più adatto alle esigenze culturali e sociali, lo hanno presto portato a fondare e dirigere l’Italoeuropeo, testata on line prevalentemente in lingua inglese, con una redazione di giornalisti italiani e inglesi, liberi e indipendenti, tutti laureati ed esperti nei settori che vanno dall’editoria ai social media, dalla scienza alla sociologia. E successivamente a far nascere LondonONEradio, un network di grande successo. La radio ha subito attirato l’interesse del Consolato Generale d’Italia, che ha poi concesso il suo patrocinio, e della stessa Rai, incuriosita dal palinsesto dei programmi e dal linguaggio così apprezzato, specie dal mondo giovanile.  “Abbiamo voluto far rinascere una radio per gli italiani a Londra – afferma Baglini -. Gli italiani, ovunque si trovino, portano innovazione, creatività, senso della bellezza, gusto, stile e passione. Proprio le caratteristiche che ci hanno resi famosi nel mondo, le stesse sulle quali fonda le basi il progetto di LondonONEradio.”

Philip Baglini

E infatti è stato subito un successo, sia per il gradimento espresso con gli ascolti da parte della comunità italiana, sia anche per il pubblico crescente che segue da tutto il mondo in streaming le trasmissioni, sul sito web della radio (www.londononeradio.com). In poco più d’un anno oltre 500 giovani artisti da tutto il mondo la radio ha proposto, realizzando eventi in diretta e concerti in tutta Londra. Oltre 65mila ascolti in totale e 413 trasmissioni in diretta (live show) di eventi e concerti. Chiediamo a Philip Baglini di raccontarci questa avventura, ponendogli alcune domande.

Londra

Dottor Baglini, qual è la cifra del successo di LondonONEradio, quali le finalità della sua radio?

«L’intento è quello di creare ponti tra le comunità italiane nel mondo e favorire la diffusione della nostra cultura in tutte le sue forme ed espressioni. Inoltre, contribuire a rafforzare i rapporti tra i connazionali, far emergere nuovi giovani talenti musicali, promuovendoli nel mondo grazie all’opportunità di stare a Londra e di gestire una web radio ben strutturata, grazie al sostegno ricevuto da numerose persone, e tra esse imprenditori italiani e londinesi. Vorrei tuttavia sottolineare l'impegno sociale che la radio ha immediatamente posto tra le sue prelazioni, sostenendo iniziative di solidarietà verso malati e bisognosi. Senza eludere la necessità di dar voce a chi non l’ha, agli emarginati. L’obiettivo di contribuire ad un nuovo umanesimo per noi è prioritario».

Quali valutazioni avete fatto per realizzare programmi che interessassero la numerosa comunità italiana di Londra e dintorni, e in genere dell’intera Gran Bretagna?

«La nostra prima preoccupazione è stata quella di dare una svolta all’informazione e alla qualità del linguaggio nella comunicazione, nel raccontare storie ed eventi che incuriosissero gli ascoltatori. Sopra tutto che richiamassero la loro attenzione su programmi di servizio e d’utilità per i problemi di tutti i giorni, come le nostre linee dirette con l'avvocato italiano, o con il medico italiano, o con la psicologa italiana, e così via. Abbiamo pensato che questi fossero i bisogni e le difficoltà di un italiano che arriva in una qualunque città all’estero, che non conosce la lingua o la conosce poco. Spiegare, farsi capire in situazioni difficili o per problemi di salute è il primo ostacolo da affrontare. Abbiamo perciò dedicato ampio spazio a rubriche specifiche, al fine di creare con i podcast una sorta di manuale che possa essere riascoltato in ogni momento. Una parte importante del palinsesto è dedicata agli eventi in diretta da Londra, fatti istituzionali o concerti. Prestiamo peraltro molta attenzione al cinema italiano e internazionale e diamo ampio spazio al mondo della ristorazione italiana a Londra. Molto parliamo dell’Europa e del temuto o atteso Brexit. Ma il palinsesto vero è quello costruito in cantiere, di volta in volta, secondo le esigenze reali che si riscontrano direttamente».

Quali gli argomenti più significativi che trattate nel corso delle trasmissioni?

«Vorrei citare uno in particolare dei nostri programmi: Creativity Talk. E’ una rubrica nella quale si parla di creatività in tutte le sue espressioni: dal cinema, alla musica, all’arte, alla moda e alla cultura. E’ una rubrica molto versatile, che si adatta di volta in volta a seconda dell’ospite in studio. Può trattarsi d’un attore, d’un regista o di un cantante, oppure d’un imprenditore italiano che ha portato innovazione a Londra. Altro tema ricorrente è il lavoro, con tutti i problemi connessi: come si trova, dove, come fare a cercarlo. E non poteva mancare la rubrica “l’avvocato risponde”, con risposte alle questioni e consigli per non incorrere in truffe, raggiri o illegalità.  Altro argomento è quello dell’emigrazione, con vari approfondimenti».

Parliamo ora del giornale on line, del magazine Italoeuropeo.

«Il magazine è lo storico Italoeuropeo.it (in italiano) e Italoeuropeo.com (in inglese). Nato a Londra nel 2003, dà informazioni su quanto accade nella capitale del Regno Unito e cerca anche di fare formazione per studenti. Già da prima parlavo e propugnavo un’informazione on line italiana a Londra, trovando molto scettiscismo. Tutti erano fermi ai giornali storici cartacei, che ancora oggi esistono. Credo tuttavia che ho aperto una strada nuova, sopra tutto per i giovani. Peraltro consultabile da ogni angolo del mondo. Ma l’informazione oggi è persino troppo veloce. Si arriverà ad un punto tale per cui uscirà la notizia prima che il fatto accada veramente. Un paradosso che spesso mi sembra già di vivere. Ricordo le difficoltà dopo un attacco hacker che mi fece rallentare il progetto editoriale. Non persi tempo ad accusare nessuno. A Londra non c’è tempo da perdere, c’è solo tempo di creare e andare avanti. Adottando l’abitudine inglese, mi rimisi a lavorare per realizzare un altro portale con lo stesso nome, solita missione: informare liberamente e formare, dando una possibilità a giovani giornalisti di credere ancora che si può fare un giornalismo libero e indipendente, parlare di politica ma con il necessario distacco. Dico sempre che l’Italoeuropeo è il padre della radio e Londra ne è la madre. Senza la loro unione non sarebbe nata LondonONEradio».

Quale riflessione l’ha convinta che una radio fosse utile e necessaria per la comunità italiana?

«Altre comunità avevano la propria radio, la comunità italiana no. Era incredibile che a non averla eravamo proprio noi italiani che con Guglielmo Marconi l’abbiamo inventata e realizzata. In passato c’era la storica Radio Londra, un ibrido di molte lingue e culture che, in una fascia oraria, trasmetteva in italiano. Appunto per questo, nel rispetto dei primi italiani, abbiamo realizzato la prima puntata on air di LondonONEradio il 27 settembre 2014, proprio lo stesso giorno in cui la radio storica fece il suo debutto nel 1938. Nel tempo in cui viviamo, traboccante d’informazione, far rinascere una radio con i fondamenti storici ma in chiave moderna, ci è sembrato giusto. Dopo il magazine, era il passo successivo. Non dico obbligatorio, ma forse naturale per chi ha un’azienda d’informazione e ama la musica. E ama la radio più della televisione. Il bisogno primario di un altro modo di relazionarmi con le persone. Ho sempre scritto e lavorato con la musica, ho viaggiato con la musica e con una voce amica che mi ha accompagnato nella vita. Ho pensato che anche per i molti italiani che vengono o sono venuti a Londra poteva essere utile una radio. L’uso del web ci ha poi permesso di raggiungere altri italiani all’estero, creando una connessione che ogni giorno aumenta in dimensione e si intensifica sempre più, anche in collaborazione con altre radio nel mondo. E questa è la cosa che più ci piace. Sentirsi uniti con la solita passione di creare ponti radio, com’era nel pensiero di Marconi. Per chi intraprende questo tipo di mestiere credo sia obbligatorio tenere alti questi valori italiani e far capire che, senza quella scintilla d’amore e di coraggio, forse non sarebbe nata nemmeno l’idea di internet, Facebook e dei social network in generale».