Categoria: Rivista Online - Edizione - Aprile 2015

Il pezzo forte della campagna elettorale di Obama e che gli assicurò la presidenza USA fu la promessa del ritiro delle truppe americane dagli scenari di guerra sparsi nei quattro angoli del mondo. In effetti, questa avrebbe dovuto essere solo una trovata di marketing elettorale, come la chiusura della base di Guantanamo, anche se la prima si è rivelata veritiera.
Ma se si è verificato che le truppe americane abbiano fatto gradatamente rientro in patria da quasi tutti i punti caldi del pianeta, è certo che ciò non sia stato fatto per mantenere da parte di Obama una delle promesse elettorali. In realtà, la crisi economica statunitense ha costretto l´Amministrazione USA ad abbandonare la politica imperialistica invasiva per mancanza di fondi. Ci ritroviamo in pratica con un´America sul lastrico economicamente parlando (gli USA registrano il più alto debito pubblico del mondo) e con una politica estera condotta in forma disastrata, in termini di costi-benefici; un considerevole numero di guerre o interventi quasi tutti persi senza il ritorno sperato. In questo caso non ha funzionato più di tanto il Keynesianismo militare, che in forma generica può essere definito come il massiccio investimento del denaro pubblico nell’industria militare allo scopo di muovere l’economia e creare posti di lavoro. Ma se le guerre si fanno con i soldi e i soldi sono finiti come si “democratizzeranno” acqua e petrolio sul nostro pianeta?
Questa vuole essere la “missione” degli USA, che si atteggiano a “Guardiani del Destino”, come nell´omonimo film di George Nolfi, interpretato da Matt Damon ed Emily Blunt, in cui un commando di energumeni in giacca, cravatta e cappello, incaricati da un fantomatico Presidente a far sì che il destino del mondo compia regolarmente il proprio corso, sorvegliano il corretto andamento del 'Piano' e, se la situazione lo richiede, operano gli opportuni interventi (gli 'aggiustamenti' del titolo originale - The adjustement bureau -), affinché tutto proceda secondo quanto stabilito. E l´America deve intervenire, ove necessario, perché appunto tutto proceda secondo i piani. Solo che adesso mancando le risorse economiche proprie e necessarie “gli aggiustamenti” sul pianeta saranno fatti non più investendo negli interventi armati alla “old fashion” ma attraverso il FMI, la Banca Mondiale e gli Organismi internazionali che regolano i rubinetti, dell´ossigeno spettante ai Paesi non in linea con il “Piano sanzioni e prestiti”. Questa seconda forma di “aggiustamento” delle situazioni viene comunque eseguita anche laddove un intervento militare potrebbe rendersi difficile se non proprio impossibile sotto l´aspetto morale, strategico o politico. I più recenti eventi internazionali confortano la nostra esposizione: Cuba e Iran i due nuovi mercati del capitalismo. Cuba “cortile di casa” degli USA è giá l´obiettivo principale delle agenzie di turismo, delle multinazionali delle telecomunicazioni e delle grandi opere; l´Iran in ben maggiori dimensioni rappresenta un´economia da anni repressa, un mercato emergente ma quarto al mondo per riserve di oro nero, secondo per il gas naturale, con alta potenzialità di assorbimento su cui puntano le maggiori industrie USA, cui si accodano quelle europee, italiane comprese. È la nuova forma di dominio del capitale questa cui stiamo assistendo; essa si manifesta come il potere di chi lo detiene, nel regolare tutto il processo di riproduzione sociale sempre secondo “il piano”. Effetti collaterali con queste nuove strategie? Sì certamente ci saranno; il gelo tra USA e Israele dopo l´accordo con l´Iran è una buona dimostrazione. Sembra a questo punto che il vecchio detto del socialista francese Jean Jaures, “Il capitalismo porta in sé la guerra come il nembo porta il temporale” sia quasi superato: USA e Russia sono a corto di soldi per fomentare nuove guerre economiche, si combatteranno ancora, ma con le nuove tecniche per regolare il processo di riproduzione sociale, ognuna nell´ambito della propria area d’influenza, si spera. L´Ucraina dovrebbe essere l´eccezione alla regola!
 
Giuseppe Arnò
 

foto: blog.ilgiornale.it

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