Categoria: Rivista Online - Edizione - Dicembre 2015

La complessa realtà geopolitica del Medio Oriente si è forse rivelata più chiara agli occhi di noi tutti con il recente abbattimento del bombardiere russo SU 24 da parte dei caccia turchi, al limite della frontiera turco-siriana. Le conseguenze di questo episodio non investono soltanto i rapporti tra i due paesi coinvolti nell´incidente, ma ci rivelano qualcosa di più profondo e grave; la Siria, a causa degli interessi locali, regionali e mondiali, rappresentati dalle varie forze armate coinvolte nell´oramai lunga “guerra civile” iniziatasi con la “Primavera Araba”, rappresenta una seria minaccia alla pace non solo regionale ma anche mondiale.
 
Premesso che la situazione siriana appare decisamente ambigua e complessa in quanto da una parte si descrive come una rivoluzione popolare che intende dar vita ad un regime democratico mentre, dall´altra, viene denunciata come una cospirazione straniera in atto contro il governo Ba’athista e che non è nostra intenzione in questo spazio occuparci del problema menzionato di cui invece tratteremo in separata sede, allo stato possiamo affermare che entrambe le tesi possono supportare la natura dei disordini e del conflitto esistenti oggi in Siria.
 
Ordunque ritornando all´incidente aereo, le versioni dei due paesi in causa sull´episodio sono contrastanti; Ankara dice di aver avvisato dieci volte i piloti del SU 24 ad allontanarsi dal territorio turco mentre Mosca nega i fatti affermando che il proprio aereo in nessun momento abbia sconfinato. Inoltre, entrambi i governi pretendono le scuse l´uno dall´altro. Tutto ciò rappresenta la premessa di un´escalation della situazione le cui conseguenze, per l´appartenza dei due paesi a due blocchi contrapposti (NATO-RUSSIA), potrebbero essere disastrose. V´è da aggiungere che Ankara pur bombardando in territorio siriano i curdi, dal canto suo non accetta i bombardamenti russi sui territori siriani abitati da comunità turcofone che, secondo la Russia guerreggiano solo per rovesciare il regime di Baššār al-Asad.
 
Per completare l´intrigato intreccio di interessi, sia Russia che Turchia dovrebbero stare dallo stesso lato per debellare il supposto nemico comune, l´ISIS, ma così non è. Vale la pena evidenziare a questo punto che esistono forti vincoli politici tra i governi di Russia, Siria e Iran, non dimenticando che gli ahiatollà iraniani di religione sciita così come gli Hezbollah appoggiano Assad, alauita (un ramo dello sciismo), per cui appare chiaro che gli interessi ideologici e religiosi sovrastano l´interesse comune di sconfiggere l´Isis, ovvero non esiste un fronte comune contro il Califfato. E per completare, alla fine dei conti sia la Russia che la Turchia aspirano a diventare protagonisti regionali influenti, indipendentemente dall´esito del conflitto e perché no anche dalla sopravvivenza di Assad alla rivolta o meno.
 
Se questi due Paesi, dunque,  aspirano veramente a tanto, che diano una prova di essere all´altezza delle aspirazioni iniziando un´azione diplomatica ad ampio raggio che ponga fine alla tensione in atto, dimodoché tutte le forze in campo coalizzate si possano concentrare sul "circostanziale" comune nemico, eliminandolo, l´Isis e scongiurando così il dilagare di un conflitto oltre i confini naturali, la Siria.
 
Gli avvenimenti non sono però incoraggianti; Erdogan fa il muso duro forte dell´appoggio di Washington, Putin dal canto suo mostra prontamente i muscoli armando i caccia con missili aria-aria e varando nuove sanzioni contro la Turchia. Washington infine, in assenza di una politica ben definita, sembra non tener conto del sospettoso ruolo di Erdogan in questa guerra senza fine; benevolenza nei confronti delle ondate migratorie viste come strumento di pressione nei confronti dell´UE, frontiere aperte ai foreign fighter che ingrossano le fila del Califfato o che rientrano pericolosamente in Europa e, non certamente per ultimo, l´ombra di dubbio sugli ipotetici scambi commerciali con l´Isis denunciati da Mosca e smentiti energicamente da Ankara. Ci augureremmo come soluzione, anche se appare improbabile, una decisiva svolta politica degli USA, ovvero che Obama si dia una "scrollata" per rendersi finalmente conto che Putin sta in sostanza dalla parte dell´Occidente e che non è il nemico da combattere, tutt´altro! 
 

foto: Michael Sandberg, US Navy 

 

Edizioni 2015