Categoria: Rivista Online - Edizione Settembre 2015

Quante volte al giorno, di questi tempi, sentiamo o usiamo la parola crisi?

E, poiché ci riferiamo al delicato momento che sta attraversando l’economia nazionale (e quella mondiale), l’avvertiamo come una maledizione. Ma di crisi si parla anche in altri campi, non solo in quello dell’economia.

La salute, l’umore personale, le relazioni sociali, tutto è soggetto a crisi. Inoltre di punto critico si parla anche a proposito dei fenomeni naturali della fisica e della chimica. Senza il quale gli stessi fenomeni sarebbero incomprensibili.

Quanto invece alla politica (e alla economia, ad essa intimamente collegata), la crisi è sì un momento di difficoltà; ma che consente – una volta superato – di riprendere il cammino con rinnovate energie, nuove intenzioni, e nuove prospettive. Vorrei dire: se non fosse così, allora … a che cosa servono i responsabili del governo delle nazioni? 

Ora scopriamo però che la parola greca κρίσις, da cui proviene la parola italiana “crisi”, significa: separazione, scelta, e, solo come conseguenza, anche giudizio e sentenza.

Κρίνω, infatti, il verbo all’origine di queste parole, significa appunto: distinguo, scevero, separo, e anche giudico. Tutte azioni che presuppongono una presenza attenta e responsabile della persona che deve affrontare la crisi.

Altre parole dell’antica lingua greca con la medesima radice, da cui discendono per forma e significato i termini moderni, sono: κριτικός (aggettivo) che – all’origine –  significa “adatto a giudicare”, oppure “che riguarda il giudice”; υποκριτής (sostantivo) che significaattore, simulatore. In italiano e nelle altre lingue che continuano ad usare la parola “ipocrita”, essa – per antonomasia – è andata ad assumere un significato molto più marcato (= falso).

Appartengono alla stessa famiglia: critica, criterio (regola di giudizio) e crivello (attrezzo che serve a separare particelle di materiali o piccoli oggetti di diversa dimensione).

Luigi Casale

 

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