Categoria: Rivista Online - Edizione - Marzo 2015

In tutti i paesi capitalistici industrializzati, la democrazia è un regime naturalmente corrotto che tutela gli “interessi” degli eletti (e/o di chi li aiuta ad essere eletti) che si perpetuano nel potere direttamente o indirettamente, ci piaccia o no.

L´attuale forma di democrazia che maltratta i popoli in sostanza detiene a mani strette tutto l´apparato del potere statale e si riempie la bocca, ad ogni occasione, nel definire “libere, democratiche e universali” le elezioni in ogni fase e grado qua e là realizzate in  ben preordinate condizioni. Ciò, per poter nascondere la realtà, ovvero il carattere borghese di se stessa dal momento che essa detiene, in sostanza, la proprietà dei mezzi di produzione, il potere politico ed economico con tutto ciò che ne consegue, mentre per gli sfruttati (popolo oppresso) non resta nessuna libertà, tranne quella di critica che lascia come sappiamo il tempo che trova e quella di sperare, che è l´ultima a morire.

Le democrazie occidentali così concepite, volute e protette dalle oscure forze del capitale internazionale lasciano i popoli, alias i sudditi, anestetizzati e incapaci di reagire se non con invettive o quando va meglio, nel ginepraio di promesse dalle scadenze lontane, per dar modo che il tempo le faccia dimenticare, a discutere su chi sia il miglior  (o meglio il meno peggiore) capo di governo, per quale coalizione tifare, in quali provvedimenti utili sperare e principalmente su come sbarcare il lunario, visto che la pressione fiscale è in costante aumento, perché questi governi sono, per costituzione, costantemente affamati e ben lungi dal mostrare i benefici che dovrebbero compensare i sacrifici, inducendo i cittadini, piuttosto, a pensare che la colpa non sia insita nella forma di governo democratica, indipendentemente dai governanti di turno, ma in un malocchio che li perseguita da un governo all’altro.

Per sovvertire questa situazione e uscire dal torpore letargico che ci ammanta è necessario rompere col sistema e crearne uno nuovo. Non a caso Marx ed Engels, nel redigere la prefazione al Manifesto comunista, hanno richiamato l'attenzione degli operai sul fatto che il proletariato non può limitarsi a prendere possesso della macchina statale già pronta (cioè borghese) e a metterla in moto per i propri fini, ma deve invece spezzarla, distruggerla, perché difettosa e irreparabile.

Su questo punto non si può che concordare e arriviamo pertanto a concludere che la democrazia, così come concepita oggi, è la dittatura di pochi ed è fallita così come è fallita la dittatura di molti (quella del proletariato). Ordunque, se è vero che le rivoluzioni sono le locomotive della storia, per non rimanere fermi abbiamo bisogno di una rivoluzione culturale globale che emanciperà l'umanità dal giogo del capitale e dalle guerre che lo alimentano. È possibile allo stato? Sì, nel nostro piccolo (Italia), optando per una forma di democrazia diretta. Primo e indispensabile passo, ripensare la nostra bella e obsoleta Costituzione; modificando per esempio gli articoli che vanno dal 70 al 75 e il 138, si permetterebbe una reale partecipazione degli elettori al processo legislativo. Se ciò avvenisse il resto sarebbe in discesa e in volata molto probabilmente si arriverebbe al traguardo. Facile, no? Basta volerlo!

In realtá, non sarebbe solo questa la panacea e il discorso diventerebbe più complesso per essere trattato in questa sede. Comunque si comincerebbe a tracciare una via che ci allontanerebbe dallo status quo di sudditanza che dura ormai da sessant’anni.

Ci vuole molto? No! Basterebbe volerlo, mettendoci uniti, una volta per tutte.

E sennò? E sennò, non lamentiamoci, abbiamo quel che ci meritiamo e non ci resta che applaudire da insensati ai nostri governanti.

Si è detto fin qui, in sintesi, che il problema è di uomini e non di partiti politici e, siccome i partiti politici sono formati da uomini, anch’essi sono tutti uguali. Possono cambiare i proclami solenni, gli impegni presi davanti ai cittadini di diminuire le tasse (questo impegno è comune a tutti i programmi, perché fa presa sul popolo e rende bene), ma alla fine, una volta al potere riescono con uno spudorato voltafaccia, a dimenticare tutti i programmi e calcare le orme del precedente partito. D’altra parte, solo gli sprovveduti possono pensare che questa irriguardosa casta possa rinunciare a un privilegio, neanche solo in parte. Viene lo sconforto a leggere quanto riportato sul sito “Il Fatto Quotidiano.it” del 23/1/2015: ”La Casta del vitalizio colpisce ancora. E può continuare a dormire sonni tranquilli. L´altra mattina, nel silenzio generale, la Camera ha infatti bocciato un emendamento alla riforma costituzionale proposto dal deputato di Scelta Civica Andrea Mazziotti, respinto con 366 voti  contrari e  98 voti favorevoli. Il testo avrebbe consentito di intervenire, con effetto retroattivo, per rideterminare secondo criteri di equità anche l’assegno pensionistico degli ex parlamentari, compresi quindi quelli che già percepiscono il vitalizio”.  Sempre dallo stesso servizio si appura che quello dei vitalizi degli ex parlamentari è un salasso da 230 milioni di euro l’anno, che grava sulle tasche dei cittadini. Una lunga lista di 2.450 “fortunati” che ogni mese intascano, tra ex deputati ed ex senatori, assegni che i comuni mortali possono solo sognare.

E per ripetere fino alla noia che a farci stare sempre peggio non sono i partiti singolarmente considerati, ma gli uomini che per natura approvano e assimilano il sistema in tutte le parti che comporta, per loro soltanto, privilegi, portiamo ancora ad esempio, non senza indignarci prima, il lungo elenco di consiglieri regionali della Regione Lombardia, stilato nel servizio del 13.01.2015 su R.it MILANO: “Le larghissime intese in carta bollata, pur di rivendicare i propri “diritti acquisiti”,. dei 54  ex consiglieri regionali del Pirellone che hanno presentato ricorso al Tar lombardo — sperando di portare il caso in Corte costituzionale — contro la legge regionale che ne ha decurtato l’assegno vitalizio. Si va dall’allora leader del ‘68 e di Democrazia proletaria Mario Capanna, al leghista Alessandro Patelli; dall’ex comunista (finito in Forza Italia) Giampietro Borghini all’attuale assessore comunale alla Casa, Daniela Benelli; dal dc Gian Carlo Abelli, all’ex assessore Antonio Simone, poi finito in carcere per i fondi neri della Maugeri. Tutti eletti che dopo una legislatura (o anche meno), nel caso di Capanna solo cinque mesi e allo scattare dei sessant'anni di età si sono portati a casa un vitalizio medio da 2mila 600 euro”.

Bisogna dare atto, però che questi soggetti sono tutti in buona fede, perché parlano di difesa dei “diritti acquisiti” in spregio ai diritti acquisiti e non rispettati delle vittime della famigerata legge Fornero, mentre solo di “privilegi acquisiti” si tratta.

(nella prossima edizione, continua…)

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