Categoria: Rivista Online - Edizione - Giugno 2015
Gli errori dell’Unione Europea di fronte a drammi migratori
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Analisi di un dramma
Blocco navale o dovere dell’accoglienza? Risposta che il nostro Paese e l’Europa non ha scelta: la seconda strada è l’unica, che non concerne un problema politico. Circa l’attuazione di chiari trattati che segnano non solo la storia dell’Europa, bensì la propria identità. Siamo vincolati a essere solidali non per un questione di carattere umanitari, che basterebbe, ma per il fatto che questa è l’Europa e questi sono gli ideali sui quali si fondano le regole che disciplinano l’Italia al rimanere insieme e il medesimo nostro comune patrimonio culturale e ideale.
La tragedia del canale di Sicilia, la più grave di sempre, evidenzia che l’Europa reale è molto lontana da quell’Europa giuridica che i padri fondatori dell’Unione sognarono, vollero e costruirono, id est un’Europa che riassumesse nella sua bandiera unità nella diversità, i valori comuni del rispetto dei diritti dell’uomo, della non discriminazione, della solidarietà, impressi a chiare lettere nel Trattato e nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ovvero della Carta di Nizza del 2001. L’ecatombe nel mare Mediterraneo era annunciata, e questo ormai è una macabra ripetizione. Ma era stata in un certo senso predetto dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, il quale aveva lanciato l’allarme domandando strumenti urgenti per impedire la serie di tragedie nelle acque del Mediterraneo. Che è ormai considerata una delle rotte più pericolose per i migranti – molti dei quali richiedenti asilo – analoghi a quelle al largo delle Bahamas, nel Golfo di Aden e nel Bengala. L’operazione Mare Nostrum, tutta sulle spalle del nostro Paese, che non ha più inteso proseguirla per una netta scelta politica della quale nessuno paga le conseguenze, non è stata sostituita da meccanismi simili e adeguati con la conseguenza che continuano le perdite umane. Proprio per questo, le Nazioni Unite avevano chiesto all’Unione Europea una risposta immediata mercé un sistema di visti più flessibile, un rafforzamento dei programmi di ricongiungimento, un meccanismo di compensazione per le navi che procedono al salvataggio di esseri umani e un sistema pilota di ricollocamento per i rifugiati. Certo la risposta non poteva essere la missione Triton, che fa sorridere per il numero di forze, impiegate e completamente non confacenti anche perché funzionale non al soccorso ma al solo controllo delle frontiere esterne. E questo malgrado l’UE abbia la responsabilità politica della gestione integrata delle frontiere e nonostante la politica dell’immigrazione sia stata riconosciuta da tutti gli stati dell’UE a partire dal 1997.
La sveglia per l’UE, purtroppo, non è suonata per tempo, dato che la presenza dell’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza e vice presidenete della Commissione UE, l’incompetente Federica Mogherini, avrebbe dovuto garantire risposte reali, affinché il problema giungesse a Bruxelles prima della tragedia. Tenendo in considerazione della stretta connessione tra attuali ondate migratorie e la profonda crisi nello Stato libico. Arrivano troppo tardi le parole espresse dall’Alto Rappresentante della PESC, che solo davanti all’ennesima strage ha deciso di mettere la faccenda migratoria all’ordine del giorno del Consiglio affari esteri. Oggi, il Consiglio affari esteri ha partorito un topolino, un documento in dieci punti che pone in evidenza, per l’ennesima volta, la sottovalutazione della vicenda che ha al centro vite umane. Si pensi al carattere volontario del progetto di ricollocamento dei migranti tra i Paesi membri. La nostra povera e martoriata Italia non ha in tal modo ottenuto nulla e paga purtroppo il prezzo dello scarso peso politico sullo scacchiere internazionale e in particolare nell’UE dato che non è stata in grado di concretizzare interventi efficaci ed è poi spaccata tra rispetto degli impegni o vincoli internazionali, dal salvataggio in mare all’assistenza adeguata ai richiedenti asilo, passando mediante l’individuazione e la punizione dei responsabili della tratta degli esseri umani, ad una reale incapacità di porre in essere strumenti sufficienti. Basti menzionare quando il Ministro dell’interno Alfano aveva reputato Triton come un grande risultato del nostro Paese.
Cosa fare ora? Certo non il bombardamento delle navi, il blocco navale o l’intervento militare in Libia che sono opzioni di mera propaganda, ma non si possono attuare sul piano del diritto e tanto più in assenza di una decisione delle Nazioni Unite. Inoltre, non va dimenticato un punto nodale e importante: i diritti della persona umana vanno garantiti anche e soprattutto nei sistemi di controllo dei confini. Così come non si può pensare la previsione di punti per la concessione dell’asilo in Libia. Troppi rischi altissimi per chiunque decida di voler intervenire. E allora l’unica strada da percorrere è quella di assicurare il dovere di soccorrere, enucleato dalla Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare, che stauisce, in base al principio di solidarietà, il dovere di soccorso verso chiunque si trovi in mare in situazione di pericolo e, nel contempo, di rispettare il principio di non refoulement (non respingimento) con la necessità di garantire a ogni individuo accoglienza se titolare del diritto di asilo e di protezione internazionale. Con programmi di ricollocamento che l’UE deve predisporre subito senza lasciare spazi agli Stati che devono agire rispettando i Principi e le linee guida sul rispetto dei diritti umani alle frontiere internazionali adottati dall’Onu. Va rammentato che proprio l’Alto Commissario dell’Onu per i diritti umani ha duramente attaccato la posizione dell’UE, che di sovente non ricorda che coloro che fuggono dal proprio Stato scappano dalla fame, dalle persecuzioni, dalle bombe, dagli stupri, da crimini contro l’umanità. Decidere di non salvare i migranti in pericolo non sta a indicare far diminuire le ondate migratorie, né giungere alla riduzione del traffico degli esseri umani, ma unicamente cagionare molte vittime in mare. Di qui il bisogno di una commissione d’inchiesta a livello internazionale per verificare le responsabilità della tragedia. Che certo ha un complice nell’inerzia della nostra ormai UE che affonda ogni giorno di più in un egoismo senza confini e che non può liquidare una questione in cui sono in gioco vite umane con missioni simili a Triton e poi piangere morti e convocare vertici.
Un chiarimento su Mare Nostrum e Triton va fatto. Mare Nostrum aveva un doppio fine: in primis, garantire la salvaguardia della vita in mare e garantire alla giustizia i responsabili del traffico illegale di migranti. In secundis, il dispositivo aeronavale italiano vedeva impiegato personale, mezzi navali ed aerei della Marina Militare, dell’Aeronautica Militare, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, della Capitaneria di Porto, personale del Corpo Militare della Croce Rossa Italiana come pure del Ministero dell’Interno, con compiti di identificazione delle persone migranti a bordo. Tra l’Operazione Mare Nostrum e l’Operazione Triton esistono alcune differenze. La Commissione europea ha precisato che l’obiettivo principale di Triton è la sorveglianza delle frontiere esterne dell’Unione europea mentre Mare Nostrum, come già detto, aveva lo scopo di garantire la salvaguardia della vita in mare e di assicurare alla giustizia i trafficanti. Certamente, la Commissione UE ha precisato che, ove necessario, le unità di Triton sono tenute ad ottemperare agli obblighi del diritto internazionale ed europeo di soccorso alla vita umana in mare.
di Giuseppe Paccione
Esperto in Diritto Internazionale e dell´Unione Europea
Foto:www.marina.difesa.it
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