Categoria: Rivista Online - Edizione - Giugno 2015

Si parla tanto di Marte e della prossima missione che la NASA sta progettando sul quel pianeta con partenza prevista nel settembre del 2023, ma tra i molti ostacoli da superare ne sorge uno che preoccupa e non poco gli scienziati che studiano i dettagli dell´incredibile missione: “In orbita si invecchia di 40 anni in 6 mesi”.

Una bella gatta da pelare. Studiosi della Marquette University di Milwaukee tengono sotto osservazione il problema invecchiamento attraverso esami seriali di biopsie da cui si può affermare che una permanenza di sei mesi nello spazio è più lunga di quanto possa sembrare. In realtà, la questione era nota sotto un certo aspetto;  gli astronauti al loro rientro sono spesso aiutati a camminare e a venir fuori dai moduli di rientro. La causa di ciò non è solo da attribuire alla gravità perchè non sono solo le gambe che si indeboliscono ma anche il sistema coardiovascolare che si accostuma alle condizioni spaziali per cui si diventa come degli ottantenni. Cosa succederebbe a questo punto agli astronauti durante un viaggio su Marte? È proprio a questo interrogativo che gli addetti ai lavori cercano di dare una risposta ed eventualmente una soluzione. Una panne improvvisa al modulo marziano in viaggio che richiedesse il pronto intervento di un astronauta, potrebbe essere riparata da un tecnico “invecchiato e anchilosato”?

Esemplare è il caso dell´astronauta Soichi Noguchi, che è partito per lo spazio con 45 anni e al ritorno ne aveva 80. Il corpo di Soichi è invecchiato di 35 anni in sei mesi di missione spaziale e dopo il rientro sulla Terra è ritornato giovane ma per riacquistare l´età naturale c´è voluto almeno un mese di esercizio “terrestre”. V´è di più, si è scoperto di recente che i raggi cosmici invecchano la pelle ma fanno crescere abbondantemente peli e capelli. Microgravity, prestigiosa rivista specializzata nel settore spaziale ha pubblicato lo studio del gruppo coordinato da Betty Nusgens, dell'università di Liegi, al quale partecipano gli italiani Ranieri Cancedda, Sara Tavella e Alessandra Ruggiu, dell'università di Genova, con cui si dimostra che gli “astro-topi” dopo aver trascorso 91 giorni a bordo della stazione spaziale, sulla quale erano stati portati dallo shuttle Discovery, hanno presentato invecchiamento della pelle ma ringiovanimento e infoltimento del sistema pilifero. Dette alterazioni nella pelle dei topi induce a credere che anche la pelle umana potrebbe subire analoghe reazioni durante i lunghi viaggi nello spazio, come ad esempio quello previsto su Marte. Ciò vuol dire che per evitare che su Marte sbarchi un manipolo di vecchietti peluti sarà necessario correre ai ripari. Naturalmente non con pennelli, Proraso e rasoi, ma con farmaci atti ad annullare l´effetto dei raggi cosmici sull´epidermide. Di sicuro sorgeranno ancora diversi ostacoli che dovranno essere superati se si vuol garantire con un ragionevole margine di sicurezza la missione “Mars One”. Aristotele era certo che tutti gli uomini tendono per natura alla conoscenza. Immanuel Kant, con la sua gnoseologia fece della natura umana la base della conoscenza e allo stesso tempo mise in risalto quanto l’uomo cerchi sempre di spingersi al di là delle proprie possibilità. Lo stesso Dante confermò che lo spirito di conoscenza sta a base dell´essere umano e noi concordiamo appieno con i tre grandi personaggi ma a condizione che il desiderio di conoscere sia realizzato, ad esempio nel caso Marte, con una missione scientifica dal rischio calcolato e non con una missione suicida. Buon lavoro illustri scienziati; molto si è fatto ma molto resta da fare!

di redazione

 

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