Categoria: Rivista Online - Edizione - Maggio 2015
Se il Brasile è considerato un paese ricco di paesaggi, Salvador de Bahia è immersa in una natura tropicale incantevole e travolgente, ma insieme avvolta dal fascino misterioso dei suoi culti. Qui si trova anche la Mata Atlantica Nordestina, la più importante dopo l’Amazzonia per vegetazione e fauna, sebbene abbia perso il 93% ed è a rischio estinzione.
Bahia de Todos os Santos con i suoi 40 milioni di abitanti è lo stato più grande del nord-est brasiliano, ma purtroppo anche tra i più poveri della nazione. La sua capitale Salvador ne possiede 4 milioni e ed è la terza città più popolosa del Brasile dopo San Paolo e Rio de Janeiro. Si presenta su un promontorio che domina la magnifica Bahia de Todos os Santos, una tra le più ampie al mondo, con più di 1000 chilometri di fasce costiere. È divisa in due e dalla parte alta della città si può arrivare a quella bassa attraverso l’Elevador Lacerda, il primo ascensore urbano del mondo che con 63 metri di altezza supera velocemente i 72 metri di dislivello. Salvador è detta anche la “Roma nera” per la sua magnificenza e bellezza all’interno di un contesto in cui la popolazione comprende il settanta per cento di abitanti di colore. Ospita uno dei maggiori carnevali al mondo e per un’intera settimana le persone si riversano sulle strade per ballare a ritmo di musica, abbassando le differenze sociali e dimenticando le preoccupazioni.
Ancora nel lontano 1549 è stata la prima capitale del Brasile e ha vissuto un’epoca di grande ricchezza grazie alla coltivazione di canna da zucchero e tabacco, oltre che all’esportazione di oro e pietre preziose, immortalata nella sfarzosa e impattante architettura barocca. Da quando nel 1763 la corte portoghese trasferì la capitale a Rio de Janeiro, la città andò in declino dal punto di vista economico e sociale, ma nonostante ciò, la forza della cultura bahiana ha preservato con orgoglio ed energia il suo patrimonio artistico e folclorico.
In tutta la città si respira un’atmosfera incantata e il centro storico Pelourinho, patrimonio dell’Unesco, vanta un crogiolo di culture e arti da far invidia al mondo. Le chiese sono le testimoni viventi dello spettacolare lavoro artistico che possiedono. È bello pensare che se si vuole pregare a Salvador, si può utilizzare una chiesa per ogni giorno dell’anno. I loro interni sono tutti intarsiati di foglie d’oro con la rappresentazione opulenta di motivi bombati di dolcissimi puti, fiori e uccelli. Era in queste chiese che gli schiavi nascondevano il loro credo religioso costretti a indossare la maschera del cattolicesimo. È bellissima l’Igreja de São Francisco, detta la Chiesa d’Oro, per essere la più sontuosa nella lavorazione dei decori e per il chiostro interno che esibisce uno stupendo percorso di azulejos portoghesi. L’Igreja de Nosso Senhor do Bonfim, invece, è la più amata dai bahiani, è lì che vanno a chiedere grazie e fare voti, e lo esprimono con centinaia di migliaia di braccialetti di nastro colorati e annodati che ricoprono completamente le inferriate della chiesa. Inoltre, il giovedì prima della terza domenica di gennaio, una processione di donne vestite di bianco immacolato, con gonfie sottogonne, turbanti e collane, arriva per lavare gli scalini con l’acqua benedetta.
La cultura africana si riflette di conseguenza anche sui ritmi e balli che riecheggianoovunque influenzando lo stile brasiliano, come avviene nella musica axé. Gli schiavi hanno portato dall’Angola la famosa capoeira, una danza a ritmo di berimbau che esprime le movenze antiche della lotta come simbolo di ribellione verso i colonizzatori e ora è una disciplina praticata per imparare a rispettare l’avversario divertendosi. La sua cucina è avvolgente e intrisa di sapori africani, come nel caso dell’acarajé, detta “palla di fuoco”, ossia una pasta di fagioli, cipolla e sale, fritta e piena di peperoncino, o l’abará, cotto al vapore e meno calorico.
Anche molti veneti scelgono quest’affascinante area del Brasile per fare una vacanza esotica e rilassante, ma altrettanti si stabiliscono per realizzarsi professionalmente e per mettere su famiglia. I nuovi migranti rispecchiano il desiderio impellente di sole e mare, di meno burocrazia e meno stress, per vivere una vita semplice e scappare dalla frenesia che toglie la libertà di essere se stessi. Si assiste oggi a un fenomeno di migrazione al contrario, dove si lascia l’avere per il bisogno di essere e si sceglie di vivere con meno fatica e meno cose ma più tranquillità.
di Giorgia Miazzo
Laureata in Mediazione Linguistica, in Traduzione Tecnico-Scientifica e in Scienze del Linguaggio, si è perfezionata in ambito linguistico specializzandosi presso le Università Brasiliane UFSC di Santa Catarina e UERJ di Rio de Janeiro.
È formatrice linguistica, docente, interprete e traduttrice, giornalista pubblicista e group leader.
Pubblica molti articoli sul tema dell’emigrazione nel mondo. Da anni segue il progetto “Cantando in Talian”, ricerca storica eaccademica relativa al fenomeno dell’emigrazione veneta in Brasile e la salvaguardia della cultura e lingua venete, che ha raccolto nella pubblicazione dei due volumi “Scoprendo il talian - Viaggio di sola andata per le Mèriche” e “Cantando in talian - Imparar el talian co la mùsica”. Appassionata della cultura latino-americana, ha vissuto nella Repubblica Dominicana, lavorando presso la Camera di Commercio, e in Brasile, insegnando e specializzandosi in ricerche linguistiche. Ha conosciuto varie realtà delle Americhe, quali Stati Uniti, Messico, Repubblica Dominicana, Cuba, Honduras, Venezuela, Perù, Cile, Paraguay, Argentina e Brasile, e in Africa, come l’Angola e il Senegal.
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