Categoria: Rivista Online - Edizione - Giugno 2015

Fino a pochi anni fa gli argentini consumavano 75 chili annui di carne rossa pro capite, oggi ne consumano 55. Nello stesso periodo il consumo annuo di carne di pollo é aumentato da 15 chili a 30 per persona. Naturalmente non si tratta di terapie dietetiche collettive o di una nuova ondata di moda alimentare perchè se a ciò si aggiunge una forte sterzata verso alimenti popolari come pasta, riso e cereali, lasciando in secondo piano latticini, frutta e verdura cominciamo a capirne i motivi. I dati sui consumi costituiscono da sempre la radiografia dei cambiamenti economici in atto. Il governo lo nega, ma in realtà l´Argentina è in recessione da anni. E quando si è in recessione le famiglie di classe media iniziano a modificare non solo le abitudini alimentari ma anche il modus vivendi; meno divertimenti, meno vita sociale, meno capi d´abbigliamento, meno ristoranti, meno viaggi e auto, insomma meno tutto ciò che non è strettamente necessario. Se poi passiamo alla fase in cui, come si diceva sopra, si tagliano determinati alimenti per passare ad altri meno cari, la situazione è certamente preoccupante. Chi l´avrebbe mai pensato che la carne, il prodotto più esportato e più consumato in Argentina, definita per l´appunto“La patria della carne” rischia di scomparire dalla tavola degli argentini? Checchè ne dicano le statistiche del governo e gli slogan atti a favorire la carne di maiale perché afrodisiaca, un dato è certo: la produzione di capi di bestiame già nel 2009 si era ridotta di circa 4 milioni ed è da allora che i prezzi della carne sono aumentati al punto da farne cadere drasticamente il consumo. A fine anno un chilo di carne da bistecca si trovava per 14 pesos ed oggi lo si vende a non meno di 25. I cambiamenti del comportamento d'acquisto specialmente nel settore alimentare fanno parte dei cambiamenti economici e sociali di un paese e in questo nuovo millennio con una società sempre più globalizzata va preso di mira il risvolto sociale delle scelte per capire meglio come vanno le cose e i dati dimostrano che purtroppo l´Argentina vive in recessione. Non che in Brasile tutto vada liscio: se Atene piange, Sparta non ride. I governanti annunziavano allo scoppio della crisi europea che la “mareggiata” non avrebbe toccato il Brasile, ove al massimo sarebbe arrivata una leggera maretta, ma in realtà la recessione era da tempo in atto pure in Brasile, solo che a causa delle elezioni dello scorso anno, dell´euforia dei mondiali di calcio anche se non ripagata dai risultati dei giochi, dei preparativi per le prossime Olimpiadi e del petrolio a gogò nessuno ci faceva tanto caso. I prezzi aumentavano a dismisura, gli immobili duplicavano o persino triplicavano di valore, Rio de Janeiro veniva classificata la città più cara del Brasile e tra le più care del mondo, lontana ancora, è vero, dai valori di Londra, la più cara in assoluto, ma forse per non molto tempo ancora, dato l´ indice dei prezzi al consumo in costante aumento dal 2008 ad oggi, raggiungendo la soglia dell'85%. Finiti infatti i bollori e gli entusiasmi di tutti questi grandi avvenimenti, la gente si è svegliata, ha fatto i conti della serva e si è accorta che non c´erano più soldi in tasca per coprire le spese. I trasporti a gennaio subirono un aumento e questa è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso; si scende nelle piazze per contestare gli aumenti (siamo col dollaro che sfonda la barriera dei 3 reais), l´inflazione, la mancanza dei servizi basici e la fase di ristagno economico in cui si è ritrovato il Paese, particolarmente a partire dallo scandalo del “Mensalão” fino ad arrivare al “Petrolão” (il primo riguarda un processo ritenuto storico in cui politici di vari partiti vennero condannati per corruzione, ovvero per aver ricevuto denaro in cambio di voti, mentre il secondo,ancora in corso, molto più complesso per i personaggi di spicco e per i fiumi di denaro coinvolti, riguarda, tra gli altri illeciti, un sistema di pagamento di mazzette da parte di grosse e rinomate imprese a partiti politici per accaparrarsi le grandi opere nazionali e gli appalti milionari della compagnia petrolifera nazionale, la Petrobras, da cui il nome del “malaffare”). Per concludere, Argentina e Brasile sembrava godessero rispettivamente buona e ottima salute ma per come si vede la reale situazione era ed è ben differente. Oramai non esiste paese al mondo esente dal pericolo di una crisi economica endogena o esogena che sia finchè vigeranno queste regole e questo sistema monetario, sia che si governi da liberisti  che da  keynesiani, ché la crisi economica, una volta manifestatasi in un angolo del mondo, con la globalizzazione si espande da un continente all´altro, da una nazione all´altra sfortunatamente con la velocità dell´internet e chi più chi meno ne subisce necessariamente le conseguenze. Nell´attualità, la crisi economica appariva in Brasile come un problema sostanzialmente  ed esclusivamente europeo, errore! Il continente Sudamericano è già in recessione e prevalentemente a causa della crisi del Vecchio Continente. Gli argentini cambiano menù, i brasiliani tambureggiano sulle pentole nelle piazze ma come già detto non per moda alimentare i primi e per passione musicale i secondi... per rabbia e disperazione.

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