Categoria: Rivista Onlline - Edizione Ottobre 2015
È la triste realtà che si espande dal centro geometrico dell´ellissoide terrestre verso i quattro punti cardinali. Non c´è scampo, ovunque si sia la musica è la stessa; la spesa pubblica sempre in pauroso aumento cui corrisponde un tsunami devastante di tasse, imposte e balzelli.
La spesa pubblica in economia, per come è noto, indica il complesso di denaro di provenienza pubblica che viene utilizzato dallo Stato in beni pubblici e/o servizi pubblici finalizzati al perseguimento di fini pubblici, indipendentemente dalla natura (pubblica o privata) dell'obbligazione che ne è titolo. Si tratta dunque delle uscite da parte dello Stato e dunque una voce di passività all'interno del bilancio dello Stato.
Se però la spesa pubblica non viene adeguatamente coperta dalle entrate dello Stato (es. tassazione), questi entra in una situazione finanziaria tipica di deficit pubblico ed è dunque in qualche modo costretto a sanare il disavanzo indebitandosi ovvero contraendo, con vari possibili soggetti economici, quello che si chiama un debito pubblico. In tal senso un ulteriore voce di costo della spesa pubblica è quella che comprende il pagamento degli interessi sul debito pubblico.
I governi dei più disparati Paesi per anni hanno speso dismisuratamente accumulando debiti enormi accollandosene conseguentemente i relativi interessi. Questa, in sintesi, la causa della crisi generalizzata che affligge con differenti intensità il pianeta.
Si dice che ad ogni problema ci sia una soluzione, basta trovarla, perchè se soluzione non c´è, in teoria, viene a mancare il problema.
La soluzione dev´essere quella giusta altrimenti il problema persiste e si complica.
Nel 2015 il Governo ha deciso di tagliare la spesa pubblica di 17 miliardi di euro, con un impegno minimo da raggiungere che non potrà essere inferiore ai 4,4 miliardi di euro. Se però, per caso, il Governo non sarà in grado di raggiungere questo obbiettivo minimo, scatterà la cosiddetta “clausola di salvaguardia”. In altre parole, a fronte del mancato taglio della spesa, i contribuenti, secondo i calcoli effettuati dal segretario della CGIA, Giuseppe Bortolussi, saranno chiamati a sopportare un aggravio fiscale di 3 miliardi di euro, a seguito della riduzione delle agevolazioni/detrazioni fiscali e all’aumento delle aliquote, mentre i ministeri dovranno razionalizzare la spesa per un importo di 1,44 miliardi di euro. Tanto per capirci, se non si chiuderanno ad esempio gli enti inutili, se non si economizzerà sugli acquisti, se non si elimineranno gli sprechi e gli sperperi insiti nella P.A. – no problem – a saldare il conto ci saranno principalmente i contribuenti italiani, gà tartassati con un carico fiscale tra i più elevati d´Europa.
I tagli sperati in Italia non ci sono stati, ergo, automatico sarà l´aumento delle tasse. Dicevamo che il malcostume e la malapolitica sono cittadini del mondo e così in effetti è. In Brasile, passata l´euforia della crescita, si è entrati in recessione, Standard e Poor's taglia il rating del Paese; un gradino prima del livello spazzatura (Junk). Il Pil non andrà oltre l'1,8% quest'anno e oltre il 2% il prossimo.
Il downgrade del merito di credito del Paese sudamericano viene spiegato da S&P con la scarsa crescita economica e per il timore relativo a un aumento della spesa e del debito pubblico.
Timori giustificati perchè dalla manovra di riforma non traspare volontà concreta di fare i tagli necessari. Si pensa per esempio di ridurre l´esorbitante numero di ministeri; ciò può rientrare nel “pacchetto” perchè in parte aiuta ma non risolve. Al massimo, si economizzeranno una trentina di milioni su un conto che arriva a centinaia di milioni di reali. È polvere negli occhi... il taglio efficace dovrà basarsi sulla fine dell´aumento reale del salário-minimo, delle pensioni, delle indennità di fine rapporto e delle relative pensioni. Ancora è necessario agire per porre fine agli sgravi fiscali concessi alle industrie e al credito erogato, via Tesoro Nazionale, ai programmi di finanziamento casa e industria, realizzati con somministrazione di fondi alla banca Caixa e al BNDES.
Sono queste le misure da prendere se si vuole aumentare il superavit primario, ma per tagliare la spesa pubblica così a fondo, sarà necessario tirare il piatto dal tavolo di milioni di poveri, che poi sono quelli che più contano... nelle consultazioni elettorali. Nel caso dell Italia o del Brasile di oggi, per concludere, la soluzione non c´è perchè non esiste volontà politica e per non ricadere nell´assioma “se non c´è soluzione non esiste il problema” va rilevato che bisognerebbe rifare tutto daccapo; liberarsi dall´attuale classe politica, madre di tutti i mali. Come? Semplice: Applicando il principio della "non collaborazione" della "disobbedienza civile" e dello "sciopero fiscale”. Questi tre fattori funzionano decisamente per abbattere qualsiasi governo. Mahatma Gandhi infatti sosteneva: «Rifiutarsi di pagare le tasse è uno dei metodi più rapidi per sconfiggere un governo», i risultati sono a tutti noti.
Probabilmente ancora, nonostante tutto, si può campà perchè nel momento in cui non lo si potrà più fare i tre fattori di cui sopra, senza violenze e spargimenti di sangue saranno, India docet, la reale soluzione del problema.
Giuseppe Arnò
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